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Non sappiamo quale sarà l’evoluzione dei due fenomeni terroristici più discussi del momento (Boko Haram in Nigeria e lo Stato Islamico nel Medio Oriente), ma di certo meritano attenzione e impegno da parte delle istituzioni. Tra i più recenti appelli segnaliamo quello dei parlamentari europei del Pd, che hanno diffuso un video per aderire alla campagna #StopBokoHaram, già virale su Twitter. L’hashtag viene infatti utilizzato da giornalisti e attivisti di tutto il mondo per dare aggiornamenti sulle attività del gruppo islamista che, partito dal nordest, della Nigeria sta seminando il terrore nei territori circostanti, sconfinando talvolta anche fuori dai confini nazionali.

Sabato 28 febbraio si è manifestato nella capitale del Camerun, Yaoundé, per dire no a Boko Haram e per chiedere la testa del suo leader, Abubakar Shekau. In sei anni si stima che il movimento terroristico (che non risparmia donne e bambini, compiendo ogni genere di efferatezza sulla popolazione quando colpisce) abbia ucciso circa 13mila persone e provocato la fuga di oltre un milione di persone, costrette a lasciare le proprie case per mettersi in salvo. Stanno nascendo campi profughi sul territorio nigeriano e negli Stati confinanti per accogliere questa emergenza, ma anche per chi riesce ad avere accesso a queste strutture la vita non è semplice. Africa ExPress parla di un’inchiesta aperta per verificare le testimonianze di alcuni rifugiati sulle violenze commesse dagli stessi operatori umanitari (o di infiltrati): «Qualche giorno fa è stata aperta un’inchiesta sulle gravi accuse lanciate contro alcuni operatori umanitari locali (stupro, traffico di bambini e altri abusi) contenute in un rapporto stilato dal giornalista freelance Charles Dickson e apparso in alcuni quotidiani nigeriani. Secondo l’Associated Press, Dickson avrebbe scoperto gli illeciti all’interno dei campi. Un’infermiera, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, afferma che molti ragazzini vengono rapiti e portati in ospedale. Si suppone anche che alcuni sfollati siano stati venduti come domestici, mano d’opera gratuita. Tutto fa presupporre la presenza di bande di criminali organizzate».

Apprezziamo insomma il messaggio lanciato dai parlamentari, e aspettiamo di vedere quale tipo di impegno riusciranno a far prendere all’Unione europea per fare in modo che questa situazione sia risolta al più presto. Tra gli altri, l’onorevole Patrizia Toia fa notare che «non ci sono teatri di conflitto di serie A e serie B», e che quindi «a mobilitazione devono essere le stesse che ci hanno mosso dopo il terribile attentato a Charlie Hebdo». Non possiamo che essere d’accordo. Inoltre non dobbiamo dimenticare che l’instabilità politica africana è in parte frutto delle politiche coloniali europee dei secoli scorsi. Civiltà del tutto diverse si incontrarono all’improvviso, e per gli indigeni le cose non andarono benissimo. In Nigeria furono gli inglesi a impossessarsi del territorio e delle ricchezze, per poi concedere l’indipendenza allo Stato africano nel 1960, lasciandolo però in balia di se stesso e dei colpi di stato militari che si sono susseguiti uno dopo l’altro fino ai giorni nostri. Boko Haram, come lo Stato Islamico, non l’abbiamo creato noi (anche se molti “complottisti” sono convinti del contrario), ma di certo l’Occidente ha generato nelle terre in cui ha spinto le proprie conquiste il terreno fertile per la nascita di nazionalismi, estremismi, instabilità politica, guerre civili. Oggi siamo quindi anche noi idealmente vicini alle persone che hanno manifestato pacificamente in Camerun (pur non condividendo il fatto di “chiedere la testa” del leader di Boko Haram, essendo contrari alla pena di morte), ma poi non potremo voltare le spalle quando ci sarà un’ondata migratoria di nigeriani verso l’Europa. Il seme della follia l’hanno gettato i nostri avi, ora non possiamo che inorridire di fronte ai suoi frutti, ma non potremo chiudere la porta alle sue vittime.