Sulla Stampa di ieri, Mario Baudino intervista la bookblogger Giulia Ciarapica, 28enne, che ha appena pubblicato un libro in cui ripercorre la sua storia. Ma cosa vuol dire essere un/una bookblogger? Potete scoprirlo leggendo l’articolo di Baudino, che pubblichiamo di seguito.
Nel giro di quatto anni sono esplosi sul web, in parallelo coi loro colleghi che si dedicavano a più proficue attività come la moda o il cibo, i videogiochi o la pura testimonianza del proprio vivere quotidiano. Sono i bookblogger, i lettori-recensori: gli editori li hanno scoperti, i lettori più attivi, che spesso hanno un’attività on line molto simile, ne hanno fatto un punto di riferimento. Recensioni «parlate» su YouTube, recensioni-immagini su Instagram, discussioni sui social: il bookblogger si esprime (spesso) in una pluralità di linguaggi, lavora all’interno di una comunità, ne condivide pregi e difetti, e se è bravo la orienta.
A questo universo decisamente magmatico Giulia Ciarapica, 28 anni, che qui è nata e cresciuta, ha dedicato un libro che descrive – è la prima volta – il campo in cui si trova a operare e anche, va da sé, il suo modo di leggere. In Book blogger. Scrivere di libri in rete: come, dove e perché (ed. Franco Cesati, pp. 144, € 12) elenca i protagonisti di questa scena, ma soprattutto prova a spiegare «come» si fa una recensione. A differenza di molti (compreso qualche autorevole giornale di carta), sa che non consiste nel riassunto della trama e in un giudizio alla bell’e meglio.
Dal gioco al lavoro
Con quarantamila seguaci molto attivi – non dimentichiamo che siamo nel «piccolo» mondo dei libri, non della moda o dello spettacolo –, è tra i bookblogger di successo (come, poniamo, Petunia Ollister che scrive per La Stampa e pubblica fotorecensioni su Robinson, o un giornalista culturale ora ben noto sulla carta stampata, Francesco Musolino): anche lei nel giro di tre anni è sbarcata sui «giornaloni», dall’Huffington Post al Foglio e al Messaggero, tiene corsi specifici nella scuole, è contesa da editori e autori. Nel libro propone anche la sua, di storia. Ma in filigrana. Dunque esplicitiamola. «Tutto è cominciato quattro anni fa, con la laurea di filologia moderna. Anziché puntare sull’insegnamento, ho cominciato a leggere i contemporanei e di conseguenza ho dato avvio a una specie di gioco su Internet. Perché non scriverne, dopotutto? Nel giro di pochi mesi, ho avuto moltissimi riscontri, da Facebook ai giornali on line, tutto grazie alle condivisioni sui social. Espandersi è stato un attimo».
Così Giulia, nella sua stanza di Sant’Elpidio a Mare (provincia di Fermo), ha capito che il gioco si faceva serio. Ed è diventata imprenditrice (culturale) di sé stessa. Mette in guardia dai «temini», dalle banalità, dalle affermazioni apodittiche e ingenue. Ma soprattutto dai possibili errori tecnici. Trascurare gli orari migliori per i post – quelli di Facebook non sono gli stessi di Instagram o di Twitter – o sbagliare gli hashtag può essere rovinoso. Va da sé che per questi aspetti del suo lavoro non c’erano maestri, se non l’esperienza giorno per giorno. Ma il passo decisivo, per il bookblogger, è appunto quello di considerare tutto ciò proprio un lavoro e non solo un passatempo magari narcisistico. «Ho capito che dovevo investire tutto quello che avevo, in termini di tempo e di energie. La gente mi chiedeva: ma perché non ti trovi un lavoro serio? Ci pensavo anch’io, ma quello era esattamente il lavoro che volevo fare. Qualcosa che sta fra la critica letteraria e il giornalismo culturale. Molti non capiscono l’aspetto essenziale della faccenda: e cioè che un bookblogger non si distanzia dal critico vecchio stampo per gli studi, per la formazione, ma solo per il linguaggio con cui si propone sul web».
Giulia Ciarapica mette bene in vista la sua biblioteca critica ideale, che va da Bloom a Citati, da Garboli a Arbasino, senza dimenticare Giacomo Debenedetti. Critici «caldi», come si diceva un tempo, che si identificano con l’autore, lo sfidano corpo a corpo. Sono loro i maestri ideali del bookblogger? «Sono studiosi che hanno saputo sempre mettersi in gioco. Mi sono limitata a proporre i miei strumenti». Con qualche sprazzo di vita privata.
Giorno e notte
È solo un omaggio alle esigenze del web? «La maggioranza dei bookblogger fa tutto o quasi da sé. Ci mette la faccia. E alle persone piace essere intrattenute, con un pizzico di curiosità magari un poco morbosa. Anche questo fa parte del linguaggio specifico con cui si comunica, a seconda dei canali. Molti mi chiedono che cosa faccio poi nella vita privata».
Buona domanda. Se si seguono alla lettera le sue indicazioni, sembra rimanerne poca. «All’inizio era così: leggere, scrivere, studiare occupava la giornata e parte della notte. Ora ho cominciato a riequilibrare. Però continuo a svegliarmi presto e a non avere vita sociale, o meglio la vita sociale sono le occasioni in cui porto in pubblico il mio lavoro; e mi piace moltissimo». Che cosa farà da grande? «Quello che faccio ora; non so come e perché, ma mi piace davvero tanto. Magari con qualche sicurezza in più».
(Foto di Jonas Tegnerud su flickr)