Nel 2018 è scoppiata una nuova epidemia di Ebola in Africa, stavolta concentrata nella Repubblica Democratica del Congo. La precedente era avvenuta nel 2013-2014 e aveva colpito principalmente Guinea, Liberia e Sierra Leone. Rispetto alla prima ondata, le autorità sanitarie stanno gestendo con maggiore efficacia l’epidemia, pur con tante difficoltà legate principalmente alla logistica. Ma se non altro possono disporre di uno strumento che fino a pochi anni fa non esisteva: Ervebo, il vaccino contro Ebola. La testata STAT ha ricostruito la storia che ha portato alla nascita di tale vaccino, che viene da un’intuizione nei primi anni ’90 e continua fino all’epidemia del 2014.
L’intuizione fondamentale
Nei primi anni ’90, uno scienziato di Yale di nome John “Jack” Rose stava tentando di mettere a punto un sistema per utilizzare il virus della stomatite vescicolare come vettore del vaccino. Il virus avrebbe innescato una rapida risposta immunitaria dell’organismo, aumentando la produzione di anticorpi e quindi l’efficacia del vaccino. Nel 1994, un collega di un’università tedesca riuscì dove Rose aveva fallito, inoculando con successo in laboratorio un vaccino contro la rabbia. Testare quel tipo di tecnologia su Ebola era però problematico, data la pericolosità del virus. Rose, dopo avere tentato di proporre il proprio progetto a oltre 100 laboratori nel mondo, fu accettato in un centro di ricerca tedesco, nella città di Marburg. Negli anni il team di ricerca crebbe, integrando le competenze di diversi scienziati. Fu poi il Canada a realizzare una struttura adatta a portare avanti la sperimentazione su Ebola in totale sicurezza. Due studiosi tedeschi che avevano contribuito al progresso della ricerca, Heinz Feldmann e Hans-Dieter Klenk, furono reclutati per lavorare nei nuovi laboratori. Nella nuova sede di Winnipeg, si poté finalmente inoculare i topi con il vaccino contenente la glicoproteina di Ebola. Le cavie non ebbero conseguenze e anzi, una volta esposti al virus, risultavano completamente immuni al contagio.
La questione economica
A livello scientifico si trattava di un grande passo in avanti, ma bisognava fare i conti con la realizzazione di un prodotto farmaceutico che fosse sicuro ed efficace per l’uomo e riproducibile su larga scala con costi sostenibili per le case farmaceutiche. Parliamo inoltre di un virus che all’epoca non era molto conosciuto, e che emergeva solo di tanto in tanto in focolai che, per quanto letali, si spegnevano in fretta. In tutto Ebola aveva ucciso circa 1.300 persone nei 30 anni da cui era stato scoperto. L’industria farmaceutica, insomma, non era interessata. Fu sempre il Canada a fare avanzare il progetto, con un finanziamento di due milioni di dollari che permise di cominciare a lavorare attivamente all’implementazione, cominciando a trattare con le case farmaceutiche per la produzione su larga scala. Ci furono varie trattative, e anche un accordo che si rivelò una truffa. Nel frattempo, l’8 agosto 2014 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dichiarò Ebola un’emergenza globale. Il governo canadese decise di donare il vaccino all’Oms, ma restavano problemi per la produzione. Alla fine si trovò un’azienda, Merck, in grado di prendere in mano la situazione. Il vaccino, tra molte polemiche, fu inoculato nella popolazione dei Paesi colpiti, ed ebbe un tasso di successo altissimo. Le polemiche ci furono perché non c’era stato il tempo di effettuare i necessari test clinici prima di cominciare a usare il vaccino. Fu al contempo un grande test e una grande operazione di immunizzazione, che salvò migliaia di vite. Solo l’11 novembre 2019 Ervebo è stato approvato dalla Commissione europea e poche settimane dopo, il 21 dicembre, anche la Food and drug administration statunitense l’ha incluso tra i farmaci ammessi.
(Foto di Airman Magazine su flickr)