Come ampiamente previsto, molti studenti con disabilità sono rimasti esclusi dall’inizio dell’anno scolastico. Ogni anno vari fattori concorrono a reiterare questa situazione discriminatoria: ritardi nell’assegnazione degli insegnanti di sostegno, assenza di servizi di trasporto e in generale una carenza di servizi di assistenza educativa e personale. Le associazioni si erano mosse per tempo per segnalare il problema durante l’estate, e in particolare la Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) si era spesa per avere delle risposte da parte della politica. I ritardi non riguardano solo il governo, ma anche i territori, che presentano una situazione molto diversificata nel Paese. In generale il bilancio non è positivo, a giudicare dalle parole di Vincenzo Falabella, presidente della Fish: «Chi si augurava che la lunga riflessione attorno alla buona scuola segnasse una svolta repentina anche per la disabilità, raccoglie purtroppo ancora significative delusioni. Abbiamo per tempo espresso le raccomandazioni più decise ed accorate, ma evidentemente non era sufficiente rivolgersi alle cariche istituzionali più elevate. Le responsabilità per la reale garanzia del diritto allo studio sono ampie e diffuse. Non sono da attribuire al solo Ministero, ma anche alle Regioni e ai Comuni che hanno specifiche competenze».
Le preoccupazioni dell’associazione vanno oltre le contingenze pratiche che stanno determinando disagi per molti studenti a inizio anno scolastico, ormai diventati la regola (martedì 27 settembre una delegazione di genitori ha denunciato alla questura di Palermo il mancato avvio dei servizi di assistenza agli studenti con disabilità). «Abbiamo una visione più ampia: il reale perseguimento della qualità dell’inclusione scolastica – ha detto Falabella –. Non è solo imprescindibile garantire l’accesso e la frequenza delle persone con disabilità, ma è necessario che l’inclusione sia reale, produca effetti positivi e costruttivi, costituisca un percorso di reale crescita individuale e collettiva. La scuola non deve essere un parcheggio per gli alunni con disabilità, né occasione di nuove forme di isolamento o confinamento o di aule speciali. Ciò richiede condivisione, preparazione, aggiornamento in tutti gli attori coinvolti. Una determinazione che non può che giovare alla scuola nella sua interezza».
Questa situazione particolare e difficile diventa ancora più grave se affiancata ai risultati del XV Rapporto sulla sicurezza delle scuole, realizzato dall’associazione Cittadinanzattiva e presentato ieri. Continuiamo a parlare di scuola dunque, ma da un altro punto di vista. Partiamo subito da un dato correlato al tema della disabilità: «Ancora una scuola su cinque (19 per cento) risulta priva di bagni per disabili». Si tratta solo di un dato tra i tanti, che però non si discosta dal quadro generale che dipinge lo stato delle strutture scolastiche italiane. Che si potrebbe sintetizzare così: piccoli miglioramenti rispetto agli anni scorsi, ma ancora tanto lavoro da fare. L’associazione ha potuto visitare direttamente 75 edifici scolastici situati in dieci regioni (Valle d’Aosta, Piemonte, Veneto, Lazio, Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna). Per il resto, ci si è avvalsi dell’istanza di accesso civico (anche conosciuta come Foia), seppure con scarsi risultati (il che la dice lunga sulla reale attuazione del provvedimento sulla trasparenza della pubblica amministrazione): solo il 19 per cento degli istituti contattati ha risposto alla richiesta (517 su 2.821). È stato così possibile accedere ai dati relativi a 4.401 edifici scolastici, distribuiti in 18 regioni.
«Una scuola su quattro ha una manutenzione inadeguata e solo il 3 per cento è in ottimo stato. Un quarto circa di aule, bagni, palestre e corridoi presenta distacchi di intonaco; segni di fatiscenza, come muffe ed infiltrazioni, sono stati riscontrati nel 37 per cento delle palestre, nel 30 per cento delle aule, nel 28 per cento dei corridoi, nel 24 per cento dei bagni», si legge nel comunicato che ha accompagnato la pubblicazione del Rapporto. Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva, ha commentato così i risultati: «Molto è stato fatto dal 2015 ad oggi sull’edilizia scolastica da parte del Governo, ma non si può ancora parlare di un’inversione di tendenza. Occorre proseguire per almeno un decennio in questo titanico impegno, offrendo certezze a Comuni e Province circa la continuità nell’erogazione dei fondi. Molto occorre lavorare sulle amministrazioni pubbliche affinché rendano davvero accessibili e trasparenti dati di interesse pubblico come quello sulla sicurezza delle scuole; sui tanti (80 per cento) che non hanno risposto è necessario fare un lavoro culturale e di formazione perché considerino i cittadini una risorsa e non un intralcio». E anche chi ha risposto, l’ha fatto “a modo suo”, visto che non c’è uniformità nell’interpretazione della norma: «Le risposte delle pubbliche amministrazioni, nella maggioranza dei casi, denotano una grande difformità nell’attuazione della legge (Foia). Spesso del tutto inappropriate o prive di fondamento normativo, ci troviamo anche difronte ad una difforme interpretazione ed applicazione della normativa, anche da parte di amministrazioni comunali di una stessa Provincia o Regione».
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