Il “Cashback di Stato”, introdotto alla fine dello scorso anno dal precedente governo, è stato sospeso con l’inizio del secondo semestre 2021. Significa che d’ora in avanti non sarà più possibile ricevere dallo Stato il 10 per cento dell’importo delle transazioni fatte con sistemi di pagamento elettronici (con un minimo di 50 transazioni e un massimo di 150 euro ogni sei mesi). La misura era stata introdotta (assieme alla “lotteria degli scontrini”) per favorire la tracciabilità dei pagamenti, e per ridurre l’evasione fiscale dovuta a transazioni che avvengono in nero. L’Italia è tra i paesi più arretrati d’Europa nell’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici. Secondo la Banca d’Italia, nel 2018, le operazioni con carte e simili erano 111 a testa l’anno, contro 265 nei paesi che hanno adottato l’euro.
Gli effetti regressivi
Il governo di Mario Draghi ha fatto sua un’argomentazione che circola tra alcuni economisti già da prima che la misura entrasse in vigore, ossia che il Cashback avrebbe riguardato persone che già usano sistemi elettronici per i propri acquisti, avvantaggiando maggiormente coloro che hanno maggiore capacità di spesa.
Come scriveva l’11 dicembre 2020 l’economista Enrico D’Elia, carte di credito e bancomat sono più diffusi al Nord, nelle grandi città e nelle aree più sviluppate, e presso le famiglie a più alto reddito: «Anche se non si può stabilire una relazione meccanica tra possesso e uso effettivo delle carte, è presumibile che saranno proprio queste categorie a trarre i maggiori benefici dal cashback e dai bonus e superbonus collegati. È dunque probabile che la misura accentuerà la sperequazione tra i redditi, favorendo le famiglie più ricche, con una propensione al consumo presumibilmente più bassa, determinando un effetto moltiplicativo sul Pil abbastanza modesto. […] quasi il 73 per cento delle famiglie già spende tramite le carte più del plafond previsto dal provvedimento (3 mila euro all’anno per ciascun maggiorenne, pari a una media di circa 5.900 euro a famiglia). Pertanto, la maggior parte potrebbe ricevere il massimo vantaggio anche senza intensificare l’uso delle carte. In queste condizioni, l’incentivo a comprimere l’uso del contante dipenderà più dal bonus mensile e da quello annuale che dal cashback ordinario. È invece improbabile che chi è privo di carte o attualmente le usa per un ammontare inferiore al plafond possa effettivamente raggiungerlo, perché la maggior parte di loro non può spendere quelle cifre. In media, le famiglie del quinto più povero dovrebbero infatti aumentare la loro spesa con carte di quasi il 40 per cento, mentre quelle più abbienti solo dell’1 per cento. […] A fronte dei suoi effetti regressivi, dei costi (quasi 5 miliardi in due anni) e delle criticità applicative, non è certo che il cashback avrà effetti significativi sul gettito, perché la relazione tra uso del contante ed evasione è piuttosto debole ed è anche incerta la direzione del nesso causale tra i due fenomeni. È poi probabile che le transazioni elettroniche crescano in settori già a bassa evasione, come la grande distribuzione organizzata che, secondo l’Istat, assorbe quasi la metà della spesa al dettaglio, piuttosto che in quelli critici».
La realtà è che il Cashback è un grande esperimento, perché i dati a disposizione sono troppo pochi per stabilirne l’efficacia, ma anche l’inefficacia.
Tutti su IO
Si può però affermare con discreta sicurezza che un effetto positivo c’è stato: l’aumento dei download della app IO, che permette di gestire alcuni aspetti del rapporto tra i cittadini e la pubblica amministrazione. Come si vede dal grafico, il picco di download più deciso è avvenuto proprio nei giorni in cui entrava in vigore lo strumento del Cashback, e si può sperare che gli utenti siano poi incentivati a continuare a sfruttare l’app anche per altri usi, come per esempio la ricezione della Certificazione Verde COVID-19. «Prima dell’inizio di dicembre – scrive Pagella Politica –, in sette mesi dal lancio dell’app, il numero di download era arrivato a 4,9 milioni, registrando nei due mesi successivi un aumento dell’85 per cento, con la soglia dei 9 milioni di download superata nel mese di gennaio 2021».
La realtà è che si sta procedendo sulla base di ragionamenti e speculazioni teorici perché, a oggi, «non esiste una pubblicazione scientifica, un’elaborazione del governo o del Ministero dell’Economia e delle Finanze, o di istituzioni come la Banca d’Italia, che quantifichino gli effetti del cashback sulle abitudini di acquisto degli italiani o sulla lotta all’evasione».
La Corte dei conti aveva già espresso le proprie perplessità già a fine maggio, nel suo Rapporto 2021 sulla finanza pubblica: «L’analisi effettuata, pur inevitabilmente parziale dato il breve periodo di tempo intercorso dall’avvio delle diverse iniziative, ha fatto emergere l’esistenza di criticità e limiti nell’esperienza finora maturata. In particolare, relativamente al cashback sembrerebbero sussistere difficoltà a monitorare i reali effetti economici e tributari prodotti dalla misura». La Corte raccomandava di basare la scelta sull’eventuale prosecuzione del programma sulla «compiuta conoscenza di elementi fondamentali quali la valutazione degli effetti economici prodotti» e sull’«impatto che la diffusione delle modalità di pagamento diverse dal contante ha avuto in termini di emersione di ricavi e compensi precedentemente occultati». Nessuno di questi elementi è stato prodotto, né da chi ha sostenuto il Cashback di Stato, né da chi ora ha deciso di sospenderlo.
(Foto di Clay Banks su Unsplash )
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