Come abbiamo scritto più volte, la campagna vaccinale contro il COVID-19 sta procedendo su ritmi molto diversi tra paesi ricchi e paesi poveri o in via di sviluppo. «Oggi – fa notare Science –, alcuni paesi ricchi stanno vaccinando bambini di appena 12 anni, che sono a bassissimo rischio di sviluppare il COVID-19 in forma grave, mentre i paesi più poveri non hanno vaccini sufficienti nemmeno per gli operatori sanitari. Quasi l’85 per cento delle dosi di vaccino somministrate finora sono andate a persone che risiedono in paesi a reddito alto e medio-alto. Nei paesi con il prodotto interno lordo pro capite più basso il tasso è appena dello lo 0,3 per cento».
Anche l’Europa, che in una prima fase era andata molto a rilento con le vaccinazioni, nelle ultime settimane ha aumentato di molto il ritmo, Italia compresa: attualmente oltre il 44 per cento della popolazione italiana ha ricevuto almeno una dose, il 22 per cento ha avuto anche la seconda ed è stato somministrato il 90 per cento delle dosi disponibili.
Non è un dato particolarmente sorprendente, purtroppo, visto che il discorso vale in generale per ogni tipo di servizio sanitario, i cui livelli di accesso e qualità rispecchiano tale disuguaglianza. Come spiega Science, la questione dei vaccini non ha solo implicazioni etiche, ma anche pratiche: nessuna zona del mondo può sentirsi al sicuro se la pandemia infuria altrove, con il rischio di generare e far circolare mutazioni del virus potenzialmente più pericolose e in grado di sfuggire ai vaccini attualmente esistenti.
La rivista statunitense ha provato a indicare quattro vie che potrebbero migliorare la situazione, con tempistiche e probabilità di riuscita diverse.
COVAX
La prima strategia indicata è il programma COVAX. Ne abbiamo scritto recentemente, spiegando cos’è e come sta procedendo. Rispetto alla metà di aprile, quando è uscito il nostro articolo, le cose sono migliorate, ma non abbastanza. In quel momento COVAX aveva distribuito 38 milioni di dosi, mentre a inizio giugno era arrivato a 78 milioni. «Il blocco alle esportazioni dei vaccini prodotti in India ha rallentato ulteriormente le attività dell’iniziativa – ha spiegato il Post –: siamo ormai a metà anno e COVAX ha consegnato circa 200 milioni di dosi in meno rispetto a quanto inizialmente programmato».
Un altro motivo per cui ci si poteva attendere questo rallentamento, che rafforza le disuguaglianze di cui si parlava in apertura, è il fatto che i paesi più sviluppati sono stati anche i più colpiti dalle prima fase della pandemia. È comprensibile quindi che, nonostante gli impegni presi a più riprese verso il resto del mondo, l’attenzione fosse rivolta ad assicurarsi più dosi possibile il prima possibile per arginare i contagi a livello nazionale. «COVAX ha avuto comunque problemi anche a causa delle scelte delle aziende farmaceutiche – sottolinea ancora il Post –. Molte di loro decisero di non rendere prioritari i contratti con l’iniziativa».
Con la pandemia ormai sotto controllo nelle maggiori economie mondiali, è dunque probabile che il piano COVAX possa subire un’accelerazione nei prossimi mesi, ma probabilmente non sufficiente a compensare i ritardi accumulati fin qui.
Aumentare la produzione
A oggi, tutti i produttori messi insieme hanno distribuito meno di 2 miliardi di dosi di vaccini anti COVID-19, la maggior parte dei quali richiede due dosi. Ne sono in arrivo molti altri, visto che diverse delle 14 case farmaceutiche autorizzate continuano a costruire nuovi impianti, a stipulare contratti con altri produttori e a risolvere i problemi di produzione. In totale, 14 miliardi di dosi potrebbero uscire dalle fabbriche prima della fine dell’anno, secondo un documento scritto a marzo.
Condividere la conoscenza
Permettere a più aziende di accedere alle “ricette” dei vaccini sviluppate – e a volte ferocemente protette – potrebbe aiutare ad aumentare la produzione. AstraZeneca e Oxford hanno fornito la licenza per il proprio vaccino a Serum, e poi hanno assistito l’azienda per avviare la produzione in India. La maggior parte delle altre aziende, tuttavia, non ha finora stipulato accordi di questo tipo.
Costruire impianti di produzione in tutto il mondo
Eliminare la proprietà intellettuale potrebbe permettere agli impianti esistenti di avviare la produzione di nuovi vaccini. A lungo termine, però, sarà più che altro la costruzione di nuovi impianti a consentire di ovviare alle disuguaglianze di distribuzione. Non solo per questo vaccino, ma anche per i prossimi. Bisogna considerare che le varianti del virus e il declino dell’immunità potrebbero portare a un bisogno annuale di diversi miliardi di dosi di vaccino. E se nel frattempo arrivasse una nuova malattia, il mondo potrebbe ritrovarsi al contempo a dover produrre miliardi di dosi di nuovi vaccini.
(Foto di Spencer Davis su Unsplash )
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