Due anni fa, di questi tempi, non passava giorno senza che qualche personaggio più o meno famoso si prestasse alla Ice Bucket Challenge, l’iniziativa che consisteva nel rovesciarsi un secchio d’acqua gelida in testa, sfidando poi qualcun altro a farlo. Ci sono passati, tra gli altri, Bill Gates, Mark Zuckerberg, Justin Bieber, nonché Matteo Renzi. Non era un’iniziativa puramente ludica, perché chi vi aderiva si impegnava poi a fare una donazione in favore della ricerca sulla Sla (Sclerosi laterale amiotrofica). Due anni dopo, si è giunti a un’importante scoperta su quella malattia, e il merito va soprattutto alla Ice Bucket Challenge.

Che non si trattasse della solita pagliacciata alcuni l’avevano capito già due anni fa (e in quella lista ci fregiamo di esserci anche noi di ZeroNegativo), perché i numeri che questo fenomeno virale stava muovendo erano notevoli già nel 2014. Si trattò quindi di una trovata di successo, della quale non si conoscevano né l’iniziatore (o forse gli iniziatori), né l’esito, giacché poi se ne persero le tracce alla fine di quell’estate quando, almeno nel nostro emisfero, le temperature rendevano sconsigliabile una doccia gelida all’aperto. Il denaro donato grazie a quel breve “movimento” è una cifra impressionante, e ne parla Abby Ohlheiser in un articolo per il Washington Post, tradotto in italiano dal Post.it: «L’Ice Bucket Challenge ha raccolto oltre 115 milioni di dollari (circa 103 milioni di euro) solo per la Als Association (la principale associazione che si occupa di studiare la Sla, ndr), destinati a finanziare la ricerca su nuove cure per la malattia».

Una quantità di denaro (e attenzione) che non si era mai concentrata con tale intensità su questa malattia, e che ha permesso di arrivare a una scoperta, annunciata proprio da Als Association questa settimana: «Con i milioni raccolti per la ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica grazie ai video virali, la Als Association è riuscita a finanziare degli studi che hanno permesso di individuare un nuovo gene, chiamato NEK1, che contribuisce all’insorgere della malattia, ha detto lunedì l’organizzazione no-profit. Su questa scoperta è incentrato uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Nature Genetics». Come spiega più avanti l’articolo, «la Als Association ha deciso di spendere 77 milioni di dollari dei 115 raccolti con la campagna per finanziare ricerche come quella che ha portato alla scoperta del nuovo gene. Il progetto in questione, Project MinE, aveva ricevuto solo un milione di dollari dei soldi raccolti con l’Ice Bucket Challenge. L’obiettivo di Project MinE è sequenziare il genoma di almeno 15mila persone affette da SLA. Lucie Bruijn, scienziata capo della Als Association ha detto che i progetti basati sulla raccolta e l’analisi di grandi quantità di dati come Project MinE “sono pensati esattamente per consentire questo tipo di ricerca e produrre esattamente questo tipo di risultati”».

In generale, la Ice Bucket Challenge è stata il volano che ha consentito alla ricerca sulla Sla di fare un salto di qualità, generando a sua volta altre raccolte fondi, permettendo così anche ad altri istituti di intensificare gli studi e sviluppare progetti in collaborazione tra loro. Come ha spiegato al Guardian Jan Veldink, che guida la più recente ricerca sulla Sla allo University Medical Centre di Utrecht (Olanda), la campagna virale è stato solo l’inizio della campagna di raccolta fondi: «È stato la prima, più grande e più importante delle attività di crowdfunding, ma poi ci sono state iniziative ad Amsterdam e New York, e vari eventi ciclistici a tema. L’unico modo in cui possiamo portare avanti le nostre ricerche è attraverso queste iniziative di raccolta fondi» (traduzione nostra).

La Ice Bucket Challenge è stata di sicuro, finora, la più importante iniziativa virale mai messa in atto grazie ai social media. Ciò che in molti si chiedono è se sia un modello replicabile. Da allora ci sono stati molti tentativi di imitazione, soprattutto attraverso la diffusione di hashtag volti a sensibilizzare verso una particolare campagna. Nessuno di questi è finora riuscito ad avvicinare, per numeri e diffusione, la Ice Bucket Challenge, altrimenti ne avreste sentito parlare. Sembra di poter dire quindi che si sia trattato di un caso fortunato e imprevedibile, in cui la goliardia della doccia gelida si è unita a un gesto di solidarietà, replicato per migliaia di volte in tutto il mondo (e in tutto il web). Forse qualcuno si è preso un raffreddore ma magari, grazie al suo “sacrificio”, nel prossimo futuro la Sla non sarà più una minaccia.

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