Da alcuni giorni in Italia è entrata nella sua fase operativa la sperimentazione del taser, o pistola elettrica. È catalogata come arma non letale, visto che non punta a uccidere la vittima ma a immobilizzarla. Tuttavia il suo utilizzo può portare conseguenze anche gravi per chi ne è colpito, e può anche determinare la morte di soggetti in particolari condizioni di salute. La sperimentazione nel nostro paese è cominciata ufficialmente a marzo. Sono passati però alcuni mesi prima che si arrivasse, il 4 luglio, alla decisione di avviare la fase operativa.
Dal 5 settembre l’arma è ufficialmente in dotazione nelle 12 città che partecipano al test: Milano, Napoli, Genova, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi. Il suo primo utilizzo è avvenuto nella notte tra l’11 e il 12 settembre a Firenze, proprio su un soggetto sul quale dovrebbero essere utilizzati particolari precauzioni, ossia una persona definita in questo articolo sul Messaggero «in stato di agitazione» e precedentemente dimessa dal reparto di psichiatria dell’ospedale di Santa Maria Nuova il 3 settembre.
Reuters ha realizzato un esteso approfondimento sulle conseguenze del taser, disponibile qui. Sul sito di Internazionale è disponibile una traduzione parziale dell’inchiesta, che presenta i dati più rilevanti messi insieme dai reporter dell’agenzia britannica. Innanzitutto viene spiegato il funzionamento dell’arma: «L’arma spara due dardi collegati alla pistola da cavi sottili. Quando il dardo colpisce il bersaglio, una scarica di corrente a impulsi provoca una paralisi neuromuscolare che concede agli agenti alcuni secondi per immobilizzare il soggetto. La pistola può anche essere premuta contro il corpo, causando dolore intenso.».
Nell’articolo si parla di 1.005 casi documentati di morti legate all’utilizzo del taser, ma in questa mappa interattiva, che viene costantemente aggiornata, ne vengono conteggiati 1.042. «La gran parte dei ricercatori indipendenti che hanno studiato le pistole elettriche concordano sul fatto che, quando i taser sono usati in modo appropriato, le morti sono rare. Ma è altrettanto vero che calcolare la probabilità di morire a causa di una scarica elettrica del taser è praticamente impossibile perché non ci sono dati ufficiali sull’uso di quest’arma e i decessi hanno spesso più di una causa». L’azienda che produce i taser, che oggi si chiama Axon Enterprise ma fino all’anno scorso si chiamava Taser International (da qui il nome oggi usato comunemente per riferirsi alle pistole elettriche), è molto attenta a mettere in guardia da usi scorretti delle armi che produce.
Secondo l’azienda «le vittime delle pistole elettriche sono state 24: 18 persone sono morte per traumi alla testa o al collo nella caduta successiva al colpo e sei per le fiamme innescate dall’arco elettrico dell’arma. Secondo l’azienda, nessuno è mai morto per l’effetto diretto della potente scarica elettrica sul cuore o su altre parti del corpo». Nei 712 referti delle autopsie (quindi documenti ufficiali) consultati da Reuters, però, si parla di 153 casi in cui il taser è indicato come «causa o come fattore che ha contribuito alla morte».
Uno degli aspetti più controversi nell’uso del taser (che l’Onu ha classificato come strumento di tortura nel 2007) è quando questo viene rivolto contro persone in stato di agitazione, o con disturbi mentali di vario tipo. È molto difficile per un agente, in pochi istanti, valutare le condizioni della persona che si trova davanti, e ipotizzare la natura del suo stato. «Lo studio della Stanford University ha dimostrato che i taser non dovrebbero essere usati su gran parte della popolazione e che l’arma è sicura “solo se usata su individui in salute che non sono sotto l’effetto di droga e alcol, non sono in stato di gravidanza e non soffrono di disturbi mentali, a patto che il soggetto riceva una scossa standard della durata di cinque secondi su una delle aree del corpo approvate”». In Italia il governo ha manifestato entusiasmo per questi nuove armi, esprimendo l’intenzione di allargarne la dotazione ad altri comparti di difesa. È bene però seguire con attenzione l’evolvere della situazione, perché è probabile che al primo “caso controverso” saremo attratti anche da queste parti in un dibattito che fuori dal nostro paese è cominciato molti anni fa.
(Foto di Alex Dukhanov su Unsplash)