Sulla Tobin Tax europea (o meglio la Ttf, tassa sulle transazioni finanziarie) si è già scritto di tutto, eppure non è ancora entrata in vigore. Secondo il Sole 24 Ore si può già parlare di bilanci, e infatti in un articolo si legge che «I mercati sembrano resistere, almeno per ora, alla Tobin Tax, la tanto discussa Tassa sulle transazioni finanziarie entrata in vigore in Italia il primo marzo scorso. Nonostante il calo registrato a marzo e aprile, nei primi quattro mesi del 2013 gli scambi giornalieri sulle azioni di Piazza Affari sono cresciuti rispetto alla media dell’intero 2012». Più avanti si elencano le posizioni più o meno favorevoli alla misura, e le preoccupazioni per le sue conseguenze future. Inoltre si specificano le caratteristiche della legge introdotta in Italia, che la differenziano non poco dall’idea originale della tassa.
Per esempio, a non essere colpiti dall’aliquota che dovrebbe contrastare la speculazione sono i day traders, gli operatori che si dedicano a comprare e vendere prodotti finanziari all’interno dello stesso giorno. Da qui la riflessione di Assosim, che rileva che «In questo periodo i mercati in rialzo incentivano sicuramente gli scambi, soprattutto da parte dei day trader che, chiudendo le posizioni in giornata, non sono soggetti all’imposta. Secondo le prime stime ci risulta invece che gli intermediari che operano per conto di investitori istituzionali, soprattutto di matrice estera, stanno registrando un forte calo dei volumi». Insomma, qualcosa sembra non funzionare, ma non tanto per l’idea della tassa in sé, quanto per il modo in cui si sta applicando in Italia.
Si spinge ancora più in là Linkiesta, che nel titolo di un articolo parla apertamente di «Un mezzo fallimento tutto politico». L’attacco è subito sferzante: «Più danni che benefici. È questo il bilancio informale dei primi mesi di applicazione della Financial transaction tax (Ftt), la tassa sulle transazioni finanziarie volgarmente chiamata anche Tobin tax. Gli 11 Paesi europei che l’hanno introdotta, fra cui c’è anche l’Italia, non hanno ancora rilasciato cifre, ma è già chiaro che gli effetti saranno ben diversi da quelli immaginati. A tal punto che la Ftt potrebbe impattare perfino sul meccanismo di trasmissione della politica monetaria della Banca centrale europea, già in precarie condizioni». Gli risponde in un commento Andrea Baranes, giornalista e promotore della campagna Zerozerocinque: «A livello europeo esiste una proposta di direttiva della Commissione europea nell’ambito della procedura di cooperazione rafforzata, sulla quale gli undici Paesi interessati si stanno adesso confrontando. Tra questi undici Paesi, due, l’Italia e la Francia, hanno introdotto delle misure analoghe, chiamate “tassa sulle transazioni finanziarie”, ma che sono nettamente diverse da quelle in discussione oggi in sede europea».
È poi sempre Baranes, sul sito Sbilanciamoci.info, a riprendere il filo del discorso per fare chiarezza. In sostanza, spiega, è vero che la norma introdotta in Italia non sta dando frutti (anzi, sta creando problemi all’economia), ma si tratta di una misura talmente diversa dalle linee guida della Commissione europea che non è nemmeno corretto darle lo stesso nome. Questo il nodo centrale: «Il testo della legge prevede l’esclusione delle società quotate con una capitalizzazione inferiore ai 500 milioni di euro. Lo spirito della legge sembrerebbe quello di tassare unicamente le azioni delle società di maggiori dimensioni. Una decisione su cui si può essere o meno d’accordo. Ma il punto non è questo. Nella formulazione attuale, di fatto tra le società con capitalizzazione inferiore ai 500 milioni di euro vengono esentate unicamente quelle quotate. Questo significa che una piccola Spa o una banca di credito cooperativo (Bcc) rischiano di dovere pagare la Ttf per ogni loro compravendita di azioni». Le Bcc sono un motore importantissimo per la cessione di credito alla imprese e per lo sviluppo delle economie sul territorio, introdurre un’imposta che le penalizza è del tutto contrario allo spirito iniziale della Tobin Tax. «Cedendo a visioni complottiste -continua Baranes-, verrebbe da domandarsi se non sia stata realizzata a bella posta per gettare discredito sulla stessa idea della tassa sulle transazioni finanziarie». Questo il lascito normativo ereditato dal governo Monti. Come si muoverà il nuovo governo? In conclusione ci torna in mente una domanda: siamo dentro o fuori dall’Europa quando si parla di lotta alla speculazione finanziaria?