Tra chi si occupa di tecnologia c’è un gruppo di critici che condivide un certo scetticismo rispetto ad alcune derive dei continui progressi che si registrano in quel campo. Bisogna però distinguere tra coloro che si scagliano in generale contro il cambiamento e coloro che invece propongono di abbracciarlo, ma senza farsi schiacciare dalle sue derive più pericolose. Tra questi ultimi c’è Cal Newport, docente di informatica alla Georgetown University (Washington DC, Stati Uniti) e autore di diversi libri che parlano di concentrazione, produttività e ultimamente di come rapportarsi in modo sano con la tecnologia. Il suo ultimo libro si intitola infatti Digital Minimalism.
Grandi innovazioni
In un post sul suo blog, Newport fa alcune riflessioni a margine della lettura di un libro biografico su Thomas Edison, uno che di innovazione se ne intendeva. Se siamo abituati a pensare di essere una società esposta a cambiamenti tecnologici rapidissimi, Newport osserva che ciò a cui assistevano le persone all’inizio del ‘900 (soprattutto negli Stati Uniti, ma anche in Europa) erano innovazioni incomparabilmente più grandi di quelle che stiamo vivendo ora. Internet e smartphone sono piccole cose se comparate all’arrivo dell’elettricità. «Edison era nato in un’epoca di cavalli e velieri – scrive Newport –. La sua morte è stata trasmessa in tutto il mondo via radio, e in suo onore intere città (le cui strade erano a quel punto piene di auto e nei cui cieli si stagliavano edifici dalla struttura in acciaio) hanno spento temporaneamente l’illuminazione pubblica».
Tecnofobici e tecnocritici
Cambiamenti così grandi hanno naturalmente portato a forme di tecnofobia reazionaria, anche se, sempre secondo Newport, non così diffuse come siamo abituati a credere. Ma può reggere il confronto tra questi fenomeni e lo scetticismo manifestato in tempi recenti da personaggi come Tristan Harris, Jaron Lanier, Douglas Rushkoff e lo stesso Newport? Sorgono due problemi nel mettere in relazione due epoche così diverse. La prima è che le voci anti-tecnologiche che si sono diffuse all’inizio del XX secolo erano dovute in larga parte al fatto che chi protestava non era in grado di capire le nuove tecnologie. In un mondo in cui tutto era materiale e intuitivo, l’elettricità sembrava qualcosa di misterioso e occulto. Gli scettici di oggi, invece, sono più spesso persone esperte di tecnologia, quindi sanno bene di cosa parlano. L’altro problema è che ai tempi di Edison i tecnofobici tendevano a classificare tutto il portato del progresso tecnologico come cattivo e da contrastare. I tecnocritici contemporanei sono invece stati degli entusiasti di internet fin dai suoi primi giorni, e tuttora ritengono che in un certo modo esso possa contribuire a rendere il mondo un posto migliore. Difficile bollarli come ciechi detrattori del cambiamento. Piuttosto, il loro impegno è volto a fare in modo che siano le persone a usare le tecnologie per trarne il maggiore beneficio, e non il contrario. La concentrazione di grandi risorse nelle mani di poche grandi compagnie è però una grande minaccia che sta contribuendo a impedire, piuttosto che promuovere, l’avanzamento tecnologico e sociale che un altro sistema forse permetterebbe.
(Foto di Shane Rounce su Unsplash)