In Italia i casi di COVID-19 hanno ripreso a crescere, già da un po’. Dal Ministero della salute alle Regioni, si sta assistendo alla reintroduzione di misure di contenimento che non si vedevano da alcuni mesi. Nelle ultime due settimane, l’aumento settimanale di persone positive al virus è stato notevole, passando dai circa 80 mila nuovi casi di metà febbraio ai circa 130 mila di inizio marzo. Come si può vedere dal grafico qui sotto, il numero settimanale di nuovi casi per milione di abitanti ci vede ai primi posti. Il dato per milione di abitanti, mostrato nel secondo grafico, rende meglio l’idea rispetto ai numeri assoluti. Tra la prima e la seconda classifica, Stati Uniti e Brasile scendono di molte posizioni, la Cechia schizza in cima alla classifica e l’Italia resta più o meno dov’è, a conferma che l’incidenza dei nuovi casi in rapporto al numero di abitanti nel nostro paese è notevole.
Qualcosa di simile succede rispetto al numero di decessi. Qui sotto vedete come Stati Uniti e Brasile, sul dato settimanale assoluto, siano nella situazione largamente peggiore.
Se però, come prima, compariamo il dato con il numero di abitanti, le cose cambiano per molti, ma non per l’Italia.
Non vogliamo terrorizzare nessuno, ma ci sembra opportuno mettere i dati nel loro contesto affinché ognuno si possa fare un’idea del livello di rischio reale, rispetto a quello percepito. Dopo mesi di restrizioni siamo tutti stanchi e provati, e la tentazione di lasciarsi andare è forte. Ma non è il momento, anche perché la situazione nelle terapie intensive, dopo essere tornata sotto controllo nei mesi scorsi, si sta di nuovo facendo complicata, con molte regioni vicine (o oltre) la soglia di occupazione di sicurezza del 30 per cento. E conviene farsi un ripasso di che cosa vuol dire, a livello fisico e psicologico, entrare in terapia intensiva anche solo per pochi giorni.
La fine di questa situazione emergenziale e il progressivo ritorno a una qualche normalità dipende in larga parte dalla disponibilità dei vaccini, e su questo l’Europa sta andando piuttosto a rilento (qui abbiamo provato a spiegare perché). L’Italia tutto sommato non è molto distante dagli altri paesi europei, con il 6,2 per cento della popolazione che ha ricevuto almeno una dose e il 2,7 per cento che ha ricevuto anche la seconda. Sono cifre comunque molto basse e il governo sta provando a ridisegnare la strategia di distribuzione dei vaccini, con sostituzioni importanti ai vertici e un nuovo approccio che è stato definito più “pragmatico”. Vedremo se otterrà i benefici sperati. Nel frattempo, teniamo duro e non abbassiamo la guardia, non ancora.
(Foto di Engin Akyurt su Pixabay)
Può funzionare ancora meglio
Il sistema trasfusionale italiano funziona grazie alle persone che ogni giorno scelgono di donare sangue, per il benessere di tutti. Vuoi essere una di quelle persone?