Da un po’ di tempo si sentono sempre più spesso citare (quasi sempre a sproposito) gli studi sulla cosiddetta “teoria del genere”. Ma cos’è esattamente? Lo spiega Giulia Siviero in un articolo per Il Post.
Lo scorso 16 aprile, durante un’udienza generale in Piazza San Pietro dedicata alla famiglia – e al «grande dono che Dio ha fatto all’umanità con la creazione dell’uomo e della donna e con il sacramento del matrimonio» – Papa Francesco ha parlato della “teoria del gender” – “teoria del genere”, o gender theory – criticandola e dicendo:
«La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Per esempio, io mi domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Eh, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione».
La “teoria del genere” è già oggetto di critiche da parte di vescovi, associazioni cattoliche e movimenti conservatori di tutto il mondo, soprattutto a seguito di una serie di progetti che, secondo questi stessi detrattori, vorrebbero introdurne l’insegnamento nelle scuole: è successo in Francia ma anche in Italia, dove i governi Monti e Letta hanno promosso la diffusione nelle scuole primarie e secondarie dei volumi “Educare alla diversità a scuola” e dove un’associazione ha realizzato in 16 istituti di Roma un corso di formazione (autorizzato dal Comune) a oltre 200 insegnanti di scuole dell’infanzia e asili nido contro gli stereotipi di genere. Il progetto si chiama “La scuola fa la differenza” e ha lo scopo di promuovere l’educazione alle differenze tra donna e uomo e lo sviluppo della libera espressione della personalità, la lotta al sessismo e all’omofobia.
Proprio come in Francia, questi progetti sono stati molto criticati da alcuni giornali e movimenti di estrema destra. Il gruppo Militia Christi, per esempio, ha inviato per settimane lettere e appelli; articoli molto critici sono stati pubblicati sul Tempo, sul Giornale d’Italia, su Tempi e Avvenire: questi articoli parlano di “ideologia”, di bambini strumentalizzati, confusi e indottrinati, di lezioni porno negli asili e dicono di difendere un dato naturale – la differenza sessuale – da chi vuole trascurarlo e contestarlo «come obsoleto stereotipo culturale».
In tutte queste critiche – così come nelle cose che ha detto Papa Francesco – c’è però molta confusione e non c’è alcuna corrispondenza o conoscenza dell’evoluzione del pensiero che si può riassumere sotto la formula “studi di genere”: non esiste, innanzitutto, alcuna “teoria del genere” o “ideologia di genere”. Queste espressioni sono in sostanza delle invenzioni e delle costruzioni che pretendono di unire sotto un unico ombrello studi, ricerche e rivendicazioni di diritti da parte della comunità LGBTI, ma non solo, spesso travisandoli. Volendo semplificare potremmo dire comunque che gli studi sul genere – i cosiddetti “gender studies” – hanno a che fare con lo studio di come nel tempo, nella storia e nella cultura siano state costruite le identità femminili e maschili. Mostrano come le norme che reggono l’ordine sessuale sono state storicamente create e sono ben lontani dal negare le differenze corporee o sostenere che ciascuno possa scegliere o inventare la propria identità e il proprio orientamento sessuale.
Il genere
La categoria di “genere” si trova a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta nella ricerca psichiatrica, sociologica e antropologica americana. Con la parola “sesso” si inizia a riferirsi esclusivamente alla dimensione corporea di una persona (cioè alla sua anatomia); con quella “genere” si inizia a indicare sia la percezione che ciascuno e ciascuna ha di sé in quanto maschio o femmina (cioè l’identità di genere), ma anche il sistema socialmente costruito intorno a quelle stesse identità (cioè il ruolo di genere). La distinzione fra sesso anatomico e ruolo di genere sta alla base di un nuovo pensiero: e cioè che possa esserci una discontinuità tra il corpo con cui si nasce, l’immagine che si ha sé (come ci si sente) e i ruoli stabiliti da altri (gli stereotipi di genere).