Nella lista degli obiettivi mancati del 2015 si conta anche la riforma del terzo settore. Carlo Mazzini sul suo blog elenca le cose che si potevano fare in merito… E invece no.

Che si potesse – a fine 2015 – vedere un “qualcosa” di concreto prodotto da una riforma annunciata e uscita dal Consiglio dei ministri 529 giorni fa (cinquecentoventinove) (aggiornato al 21 dicembre 2015, ndr). E invece no.

Che oltre le frasi fatte (“il Terzo settore in realtà il primo”, “Separare il grano dal loglio”) ci fosse un’idea di non profit. E invece no.

Che un’idea (una qualunque idea) di non profit fosse condivisa almeno all’interno del partito di maggioranza relativa. E invece no.

Che qualcuno spiegasse cosa vuol dire assenza di scopo di lucro e se c’è differenza tra Terzo Settore e Non Profit. E invece no.

Che deputati “vicini al non profit” e sottosegretari “dedicati” al non profit facessero piazza pulita di frasi fatte e ci esponessero in modo chiaro la loro visione di terzo settore del futuro. E invece no.

Che in mancanza di visione se ne potessero stare zitti. E invece no.

Che qualcuno tra i politici si accorgesse che promettere di dare rimborsi forfettari ai volontari (questo il senso di un disegno di legge che accompagna il ddl riforma, proposta sostenuta da un’importante associazione di promozione del volontariato degli anziani) fosse una pessima idea sia per i volontari che per le associazioni. E invece no.

Che almeno qualcuno dell’associazione di cui sopra e dei politici che la accompagnano si leggesse una sentenza della Cassazione che ribadisce che la legge vieta di dare rimborsi forfettari ai volontari. E invece no.

Che qualcuno – oltre alla Corte dei conti – si accorgesse della bruttura del funzionamento del 5 per mille alla cultura e vi ponesse fine per farlo diventare una procedura “normale”. E invece no.

Che – sempre quel qualcuno – non si inventasse in legge di stabilità un 2 per mille per le associazioni culturali che non cancella le brutture del vecchio ma ne aggiunge di nuove. E invece no.

Che un’importante regione come la Lombardia non se ne uscisse con una legge sulle raccolte pubbliche di fondi che è stupida prima che impraticabile, mettendo in difficoltà tutte le organizzazioni e i Comuni. E invece no.

Che si aprisse e si chiudesse una discussione sull’Impresa Sociale decretando cosa ha funzionato e cosa no in questi dieci anni e cosa se ne vuole fare. E invece no.

Che non ci si mettessero dieci mesi a scrivere uno statuto dell’Agenzia per la cooperazione ritardando la nomina del direttore e la formazione (ancora latitante) dell’elenco dei soggetti della cooperazione. E invece no.

Che le tante modalità (soprattutto fiscali) di agevolare il fundraising nelle scuole fossero ben incastrate tra loro e semplificate. E invece no.

Che se una legge di Stabilità (quella del 2015) afferma che entro tre mesi si promulga un decreto ad attuazione di qualcosa (vedi 5 per mille) questo decreto uscisse nei termini. E invece no.

Che si finisse di tagliare il 5 per mille (siamo arrivati a complessivi 500 milioni dal 2009!). E invece no.

Che si evitasse di tirare fuori idee da cazzeggio come il 5 per mille alla scuola. E invece no.

Che le università evitassero di scrivere “foundraising” nella presentazione di loro corsi dedicati al non profit. E invece no.

Che le scuole evitassero di chiedere le fatture elettroniche per meri contributi versati ad associazioni. E invece no.

Che qualcuno che tiene alle Ong, magari ritenendo persino di rappresentarle, si accorgesse di una procedura chiamata “voluntary disclosure” e si accorgesse che avvisare le Ong che può interessare anche loro sarebbe un dovere, non un’opzione. E invece no.

Che l’Agenzia delle Entrate non mandasse comunicazioni terrorizzanti alle Ong dicendo che non devono avere l’acronimo Onlus riportato nel modello AA5/6 di attribuzione del codice fiscale. E invece no.

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