Qual è l’atteggiamento degli italiani verso il testamento biologico, l’omeopatia e l’auto-cura? Solo il primo di questi tre elementi è realmente nuovo, visto che la legge che lo introduce esiste da poco più di un anno. Dell’omeopatia abbiamo parlato più volte, sottolineando come sia una disciplina priva di fondamenti scientifici. Nonostante ciò, è ancora piuttosto diffusa. La pratica dell’auto-cura si è forse affermata negli ultimi anni grazie alla massiccia quantità di informazioni reperibili su internet a proposito di qualsiasi cosa. È sempre buona cosa rivolgersi a un medico se si hanno dubbi relativi alla salute, tuttavia è interessante notare come molte persone si affidino a informazioni che arrivano da canali alternativi a quelli ufficiali per curarsi. Giuseppe Pellegrini, su Micron, ha presentato i dati dell’Osservatorio Scienza Tecnologia e Società. Riportiamo un estratto del suo articolo.

L’Italia è uno dei paesi con la più alta aspettativa di vita al mondo e si colloca al quarto posto tra i paesi Ocse dopo Giappone, Spagna e Svizzera. Molti studi riconoscono che l’assistenza sanitaria italiana è di alta qualità grazie ai tempi di attesa mediamente bassi per ottenere prestazioni ospedaliere e alla possibilità diffusa di godere di servizi senza dover pagare costi eccessivi. Tra gli aspetti strutturali più critici permane comunque una notevole disparità tra regioni. Fin qui gli aspetti di sistema, ma come è cambiato nel tempo l’orientamento degli italiani nei confronti della salute?

I dati dell’Osservatorio Scienza Tecnologia e Società ci permettono di analizzare alcuni fenomeni rilevanti collegati alle condizioni di salute. Vediamo com’è mutata nel tempo l’opinione degli italiani nei confronti di tre tematiche di grande importanza: il testamento biologico, l’omeopatia e l’auto-cura. Si tratta di tre temi che hanno appassionato l’opinione pubblica e per i quali si è sviluppato anche un ampio dibattito politico. I dati raccolti nel tempo consentono di studiare lo sviluppo degli atteggiamenti del pubblico mettendo in luce alcune tendenze di fondo che caratterizzano il rapporto con la salute, il sistema dei servizi e le norme sanitarie.

Il dibattito politico e parlamentare sui temi del fine vita si è sviluppato negli ultimi anni con proposte di legge e suggerimenti volti a offrire un quadro legislativo utile per affrontare uno dei più delicati momenti del ciclo di vita. Nonostante vi sia da alcuni anni un consenso generale del pubblico, rilevato da molti sondaggi, il testamento biologico è diventato uno strumento per i cittadini solo recentemente, nel dicembre 2017. Questo documento permette, entro alcuni limiti, il diritto a esprimersi autonomamente indicando in anticipo le scelte terapeutiche da adottare nel caso di una futura incapacità di decidere. Vediamo come si è evoluta nel tempo l’opinione degli italiani nei confronti di questo strumento.

In generale, si può notare che più della metà della popolazione riconosce correttamente la natura del testamento biologico, individuando con precisione la sua funzione nell’ambito del fine vita (tabella 1). Questo dato si è mantenuto stabile nel tempo nell’arco di circa dieci anni e una quota marginale del pubblico attribuisce al testamento biologico altre funzioni.

Un elemento cruciale per la gestione del fine vita è la possibilità di decidere e individuare chi, nel caso di una malattia irreversibile e di un paziente non cosciente, debba scegliere le cure da adottare. Il grafico 1 dimostra in modo inequivocabile che gli italiani sostengono in maggioranza il diritto della persona malata a definire le cure necessarie sostenendo il principio di autodeterminazione della persona nell’ambito della salute. Accanto a questo orientamento si colloca la possibilità, in seconda istanza, dell’intervento dei familiari, anche se nel tempo è diminuito il grado di accordo su questa opzione.

Ma quali decisioni devono essere prese per i pazienti non in grado di operare delle scelte, secondo gli italiani? Questo orientamento riguarda coloro che hanno stilato un testamento biologico o, per dirla con i termini della recente normativa, mediante le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) che specificano le volontà del singolo in materia di trattamenti sanitari.

L’orientamento degli italiani è ben definito: più del 60% manifesta chiaramente l’intenzione di avere ampi margini di selezione. Questo sia nel caso di un aiuto per favorire la conclusione della propria esistenza sia nella possibilità di sostenerla il più a lungo possibile. Si conferma dunque l’intenzione di assegnare una grande libertà all’individuo nella scelta delle opzioni per gestire il fine vita.

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(Foto di rawpixel su Unsplash)