La scorsa settimana, grazie alla storia di Giulia Ciarapica, abbiamo scoperto cos’è una bookblogger. Oggi ospitiamo un articolo che parla dello youtuber (nonché gamer) più popolare d’Italia, Favij, che ha appena scritto un libro. Ecco l’intervista uscita domenica 11 marzo su La Lettura.

«Tra poco la porta si aprirà. Riceverai altre istruzioni in seguito. Ci sono altri. Uno mente. Dovete andarvene da qui o morirete. Avete 60 ore ». Benvenuti dentro The cage. Uno di noi mente, primo romanzo del 22enne Favij, che per quest’opera ha scelto di usare il suo vero nome, Lorenzo Ostuni, non quello del personaggio con cui è diventato lo youtuber più popolare d’Italia con oltre 7 milioni e mezzo di follower e 2 miliardi e mezzo di visualizzazioni. È una storia che esce il 13 marzo e che si inserisce nel filone fantascientifico della narrativa young adult contemporanea; ambientata in un luogo (isolato) e un tempo (futuro) non meglio precisati, ha al centro un ragazzo, Ray, che si sveglia in una stanza che non riconosce e dopo poco riceve il messaggio sopra riportato.

Com’è nata l’idea del romanzo?

«Avevo già fatto un libro (Sotto le cuffie, 2015, ndr) ma diverso, era nato dall’oggi al domani, era un diario a firma Favij. Questo, invece, è un progetto partito da lontano: l’idea è di un paio d’anni fa. Ho tirato giù delle bozze per me. È partito tutto da un sogno che avevo fatto: c’erano alcuni ragazzi su una nave abbandonata, ho pensato che sarebbe stato un film da paura… Sì, ho pensato prima a un film che a un libro. Il progetto è stato più volte ripreso e abbandonato, ha avuto molte evoluzioni. Mi sono confrontato con alcuni amici, a molti di loro piaceva e ho provato a svilupparlo».

Quando dice «tiro giù» cosa intende esattamente?

«Che l’ho scritto su computer con il Blocco note, crudo, senza rifiniture oppure al volo sul telefono, per non dimenticarmene».

Come mai ha deciso di firmare il romanzo con il suo vero nome?

«Perché è una cosa mia. È uno sfogo di Lorenzo, non di Favij, che è un personaggio legato al mondo videoludico».

Una scelta coraggiosa: Favij è una webstar…

«Non mi andava di usare quel nome. Sembra quasi che abbia bisogno dell’elemento Favij se no il risultato non vale. Invece voglio dare una botta a questo e far vedere che non è così».

Dietro c’è un percorso di maturazione personale?

«Sì. Mi rendo conto che televisioni e giornali faranno fatica a catalogare questo libro come di Lorenzo Ostuni, comparirà anche Favij, ma per quanto mi riguarda ho fatto il possibile per farlo mio».

È il preludio al fatto che Favij andrà in secondo piano e Lorenzo in primo?

«Immagino di sì. Tra qualche anno, quando avrò una famiglia… Ma finché mi diverto continuerò a fare video come Favij. Anche YouTube per me è uno sfogo e non potrei farne a meno».

Youtuber, «gamer», ora «creator»: è stato definito in molti modi…

«Gamer perché gioco e faccio video in cui mi riprendo mentre mi diverto con i videogame; e creator perché creo contenuti e intrattenimento sulla piattaforma. Nel 2011 quando ho iniziato a stare sul web queste definizioni non c’erano».

E lei, oggi come si definisce?

«Lorenzo, decisamente Lorenzo».

Tornando a The cage, dopo averla «tirata giù» l’idea è diventata un libro.

«Ho cercato una persona che sapesse tradurre l’idea in libro, doveva essere qualcuno che avesse un modo di ragionare simile al mio». È nata così la collaborazione con lo scrittore Jacopo Olivieri. «Lavorare con lui è una cosa che ha strafunzionato. Non facevamo riunioni ma ci sentivamo cento volte al giorno con Skype, per messaggi o con WhatsApp. In tutti i momenti, anche quando ero in bagno; se mi veniva un’idea ci sentivamo. Dibattevamo a lungo poi trovavamo un deal, un accordo».

Un esempio di passaggi del libro su cui avete discusso?

«Sullo sviluppo della storia: all’inizio doveva essere lineare. Ma a me piaceva l’idea di una fase di mistero, poi un’azione e poi ancora mistero e ancora azione; volevo creare un up and down nel lettore. E così alla fine è stato».

Riguardo ai lettori, vista la sua popolarità l’idea di scrivere un libro può avvicinare molti ragazzini alla lettura.

«È un libro per ragazzi, sarei molto orgoglioso se accadesse».

I personaggi nelle loro caratterizzazioni sono un punto di forza.

«Sono stati l’elemento più difficile. Il protagonista, Ray, sono io sia come carattere che come aspetto: così è stato più facile pensare a come avrebbe ragionato in una situazione particolare. Il numero di personaggi — sette — è una chiave della storia: non potevano essere né uno in più né uno in meno o non funzionavano enigmi e incastri. La regola è che ogni personaggio non doveva somigliare a un altro; diversi i caratteri e la personalità. Ci sono anche ragazze. E ho voluto che fossero di nazionalità differenti per creare maggiore mistero. Uno si chiede: come fanno a essere tutti lì? Perché?».

Adrenalina, paura e pure amore…

«Su questo abbiamo ragionato a lungo. Fino a che punto spingerci nella trama per evitare di rendere tutto troppo “smielato”. Io non sono così».

La storia funziona ma lascia aperti molti interrogativi.

«Sì. Nella mia testa e nella mia bozza la vicenda non si ferma qui. Spero di poter raccontare quello che succede dopo».

[…]

L’intervista continua su La Lettura.

(Foto di Marco Del Torchio su flickr)