Gli ospedali psichiatrici giudiziari, che l’Italia sembrava avere definitivamente superato, rischiano di “rientrare dalla finestra”. Questo a causa di un emendamento al ddl Giustizia che, di fatto, aprirebbe all’accesso di nuovi detenuti nelle Rems, le residenze temporanee che dovevano essere strutture di passaggio verso logiche non manicomiali. Lo denunciano varie associazioni che si occupano di diritti dei detenuti e dei malati di mente, oltre allo stesso commissario straordinario, Franco Corleone, nominato dal ministro della Giustizia Andrea Orlando proprio per guidare verso la chiusura degli Opg.
Pare che l’emendamento abbia l’approvazione del ministro, che per motivi non ben precisati pare costretto a cedere a una logica contraria alle politiche da lui stesso messe in atto negli ultimi anni. Il testo in discussione mirerebbe a includere nelle Rems «i detenuti per i quali l’infermità di mente sia sopravvenuta durante l’esecuzione della pena, gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisorie e tutti coloro per i quali occorra accertare le relative condizioni psichiche, qualora le sezioni degli istituti penitenziari alle quali sono destinati non siano idonee, di fatto, a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi».
«Di fatto è la stessa logica degli OPG appena chiusi – scrive Vita –, con la sola differenza che gli ambienti saranno più piccoli. La legge 81/2014 e la riforma che essa esprime, verrebbero clamorosamente traditi. A pochi giorni dalla chiusura dei vecchi Opg, così, le Residenze per le Misure di Sicurezza (Rems) diventano a tutti gli effetti i nuovi Opg: si moltiplicano le strutture sanitarie di tipo detentivo dedicate solo ai malati di mente, riproducendo all’infinito la logica manicomiale». L’appello di Corleone invita tutti a levare «alta e forte la voce nell’Aula di Palazzo Madama per salvare la riforma. Guai se vincesse la logica gattopardesca o peggio prevalesse la rivincita dell’Istituzione totale e della logica manicomiale. Non c’è tempo da perdere. Ognuno faccia quel che deve».
Un’alternativa all’emendamento di cui stiamo parlando esiste già, ed è il testo proposto dalla senatrice Emilia De Blasi, che sarebbe invece più coerente con la riforma avviata dalla legge 81/2014. L’emendamento prevede che nelle Rems possano essere inviate «le sole persone per le quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale e il conseguente bisogno di cure psichiatriche». Si esclude invece l’accesso alle Rems per i «soggetti per i quali l’infermità di mente sia sopravvenuta durante l’esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e di tutti coloro per i quali ancora occorra accertare le relative condizioni psichiche». Contro la logica detentiva, il testo di De Blasi prevede che vi sia assoluta «garanzia dell’effettiva idoneità delle sezioni degli istituti penitenziari ad assicurare i trattamenti».
Una lettera di protesta è arrivata anche dall’associazione StopOpg, che si è rivolta così ai ministeri della Salute e della Giustizia: «Invece di affrontare il problema della legittimità delle misure di sicurezza provvisorie decise dai Gip, e di quelle che rimangono non eseguite, si ipotizza una violazione della legge 81 ripristinando la logica e le pratiche dei vecchi Opg. Un disastro cui bisogna porre riparo. A pochi giorni dalla chiusura dei vecchi Opg, così le Residenze per le Misure di Sicurezza (Rems) diventano a tutti gli effetti i nuovi Opg». Infine segnaliamo l’intervento della Società italiana di epidemiologia psichiatrica (Siep): «Il diritto alla salute e alle cure dei detenuti non si risolve così. Occorre che si rafforzino e si qualifichino i programmi di tutela della salute mentale in carcere e che il Dap istituisca senza colpevoli ritardi le sezioni di Osservazione psichiatrica e le previste articolazioni psichiatriche. “Non si può affrontare un problema grave (la gestione dei disturbi psichiatrici in carcere) creandone uno enorme (invio nelle Rems)”».
Ci uniamo al coro di proteste, affinché la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, celebrata come un successo (seppure tardivo), diventi la solita beffa. Ci sembra che ancora una volta la politica cerchi di far sembrare l’Italia il Paese maturo nella gestione dei diritti dei malati mentali colpevoli di reati che purtroppo, nei fatti, non è.