In questi giorni, chi stia provando a tenersi aggiornato sulle politiche governative sull’immigrazione (in particolare sul pattugliamento delle coste e l’assistenza in mare a persone in difficoltà), è sommerso di nomi pomposi quali Mare Nostrum, Triton, Frontex, Hermes, Aeneas. Nonostante l’aura di classicità, dietro questi appellativi si nascondono semplicemente i nomi di diverse missioni di marina militare e soccorso. In particolare, le più discusse in questi giorni sono le prime due. Secondo quanto dichiarato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, Mare Nostrum finirà con ottobre, e sarà “sostituita” da Triton.
La differenza tra i due programmi è notevole, l’uso delle virgolette è quindi d’obbligo. La prima è infatti una missione avviata dall’Italia un anno fa su iniziativa dell’esecutivo di Enrico Letta con un doppio proposito, come scritto nel sito della Marina militare: da un lato «garantire la salvaguardia della vita in mare», dall’altro «assicurare alla giustizia tutti coloro i quali lucrano sul traffico illegale di migranti». «Mare nostrum», ha dichiarato lo stesso Alfano in una conferenza stampa, «ha salvato decine di migliaia di vite ed è servita a fermare oltre 500 scafisti e passeur. Ma era un’operazione a tempo, nata dopo la tragedia di Lampedusa come misura di emergenza. Avevamo sempre detto che sarebbe finita quando l’Europa avesse fatto la propria parte». Ecco quindi la motivazione con cui, a un anno esatto dal suo inizio, la missione viene chiusa per lasciare spazio a una nuova operazione, stavolta gestita coralmente da vari Paesi dell’Unione.
Di certo un bel risparmio per l’Italia, che passa da una missione costata 9 milioni di euro al mese a una che ne costerà (all’Europa) 2,9. Peccato che, secondo quanto riportato anche dal Post.it, non ci siano assicurazioni riguardo le operazioni di ricerca e salvataggio dei migranti, ma si parli invece di «controllo delle acque internazionali solamente fino a 30 miglia dalle coste italiane (Triton assicura insomma la tutela delle coste europee, ma non si impegna sulle coste da cui i migranti partono)». Ancora una volta, quella che arriva dall’Europa è una posizione di difesa militare dei confini, piuttosto che di intervento umanitario. Impegno che invece va riconosciuto a Mare Nostrum, nonostante si trattasse di un’iniziativa di emergenza.
Non si tratta solo di intuizioni o presentimenti, basta leggere le parole di Gil Arias Fernandez, responsabile dell’agenzia europea Frontex (che coordina le operazioni di cooperazione degli Stati membri, senza fornire personale operativo o mezzi navali e aerei): «La decisione se ridurre o terminare Mare Nostrum spetta al governo italiano. L’Agenzia e l’Unione europea non possono sostituire gli Stati membri nella responsabilità di controllare le loro frontiere: da noi ci sarà un supporto». Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, dal canto suo, intervistato il 3 ottobre nel corso del Festival di Internazionale di Ferrara, aveva dichiarato che Mare Nostrum non sarebbe finita «finché non ci sarà un impegno dell’Unione Europea uguale o se possibile superiore». Dunque, le questioni sono due, o Renzi non conosce la differenza tra Mare Nostrum, Triton e Frontex, oppure ha fatto una dichiarazione e poi il suo governo è andato nella direzione opposta. Entrambe opzioni alle quali ci siamo abituati, ma che non per questo sono meno gravi.