Negli ultimi tempi il principio della trasparenza sembra non essere tra le primissime priorità del governo. In particolare, questo è piuttosto evidente se si guarda alla gestione delle risorse relative all’emergenza da COVID-19.
I bandi per l’emergenza
Come ha fatto notare Openpolis, infatti, il commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere, Domenico Arcuri, il 7 aprile aveva dichiarato: «Presto metteremo anche tutti i dati sui nostri acquisti, con fornitori, quantità, sconti e modalità di ingaggio dei fornitori». A poco meno di cinque mesi da quella data, possiamo dire che si trattava probabilmente di un’operazione di comunicazione, più che di una reale intenzione. Openpolis ha infatti dovuto ricostruire la situazione attraverso il sito dell’Anac (Autorità nazionale anticorruzione), dove sono pubblicate le informazioni sui bandi e gli appalti, che invece non compaiono nella relativa sezione del sito del governo. «Parliamo per adesso (l’articolo è del 20 luglio, ndr) di 4.775 lotti, emessi da 516 stazioni appaltanti, per un valore complessivo di 9,65 miliardi di euro di importi a base d’asta. Di circa la metà dei lotti sappiamo con certezza che è già stato aggiudicato, e sono 714 le aziende vincitrici censite finora». Degli oltre 9 miliardi, 2,33 sono costituiti da accordi quadro, cioè «il perimetro contrattuale entro cui saranno fatti gli affidamenti veri e propri». Delle risorse messe a bando, l’80 per cento riguarda i dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti, tute protettive, ecc.). Dei 7,3 miliardi totali (esclusi gli accordi quadro), 5,2 sono stati messi a bando dallo stato centrale: «In particolare Consip (2,5 miliardi), la società di proprietà del ministero dell’economia che serve da centrale per gli acquisti per la pubblica amministrazione italiana. Seguita dalla struttura guidata dal commissario straordinario Arcuri (2,2 miliardi) e dal dipartimento della protezione civile (circa 365 milioni). […] Oltre allo stato centrale, hanno avuto un ruolo chiave nella crisi anche le regioni. In particolare attraverso le diverse centrali di committenza (società pubbliche che svolgono il ruolo di Consip in ambito regionale). Queste assommano un totale di 1,15 miliardi (esclusi accordi quadro), di cui il dato più rilevante è quello di Aria spa (l’azienda per gli acquisti della regione Lombardia) per 433 milioni». La questione è importante perché, com’è normale in una fase di emergenza in cui non c’è tempo da perdere, la maggior parte delle risorse sono state assegnate con procedure più rapide di quelle normalmente previste. L’accessibilità degli atti è quindi fondamentale affinché i cittadini, tramite associazioni ed esperti, possano monitorare che si stia facendo un uso corretto e sensato delle risorse. Nelle prime fasi della pandemia, fa notare Openpolis, c’erano stati alcuni segnali incoraggianti, su tutti la pubblicazione della mappa dei materiali distribuiti alle regioni. Poi però si è arenato tutto.
Sospeso il Foia
Inoltre, secondo Il Giornale, «Tra i tanti commi del “Cura Italia”, primo provvedimento ad ampio raggio per l’emergenza Covid, ce n’è uno che sospende per due mesi il Foia, cioè la legge che garantisce il diritto dei cittadini alla trasparenza dell’azione della pubblica amministrazione. […] “C’era una giustificazione tecnica – dice l’avvocato Rocco Todero […] – con l’attività degli uffici ridotta si è ritenuto di non sovraccaricarli con le richieste di accesso civico agli atti. Ma avrebbero potuto stabilire una sospensione mirata, garantendo la trasparenza sugli atti di governo che hanno limitato le libertà civili e ora potrebbero cogliere l’occasione per correggere il Foia riducendo al minimo le eccezioni all’obbligo di trasparenza”». L’articolo fa riferimento anche al bando per i banchi di scuola, di cui abbiamo parlato qui, scrivendo che «a gara finita [Arcuri] sta cambiando a più riprese le condizioni del bando nella più totale opacità».
Ustica e autostrade
Altro fattore che mette in crisi il principio della trasparenza è la decisione del governo di mantenere il segreto di Stato su alcuni documenti relativi alla strage di Ustica del 1980, che sarebbero altrimenti diventati pubblicamente accessibili a inizio luglio. Una questione complessa e delicata. Secondo il governo gli atti a cui le famiglie delle vittime chiedevano di poter accedere “non sono attinenti” alla strage, e quindi è bene che facciano il loro corso. Ma se non lo sono, viene da chiedersi, perché tanta premura nel mantenerli segreti ancora per anni (fino al 2029)? L’ultima materia su cui poniamo l’attenzione sono i contratti di concessione delle autostrade. Si è fatto un gran parlare negli ultimi mesi sulla volontà di estromettere la famiglia Benetton dalla società che le gestisce. Niente però si è detto dell’opportunità di rendere pubblici tali contratti. «Sono coperti dal segreto di Stato – scriveva a gennaio il Corriere –. Contratti di concessione che riguardano tutti, eppure mai pubblicati. Nonostante l’Authority dei Trasporti abbia più volte espresso chiaramente la necessità di renderli pubblici in un’ottica di maggiore trasparenza nei confronti degli utenti delle arterie autostradali del Paese».
(Foto di Ishtiaque G2 su Unsplash)