lettera
Fonte foto.

In questi giorni il Parlamento europeo sta discutendo un progetto di risoluzione sui negoziati relativi al Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip), ossia il trattato che dovrebbe creare la più vasta area di libero scambio al mondo, eliminando numerose barriere commerciali tra Europa e Stati Uniti. Dei rischi di questo accordo abbiamo parlato più volte (qui e qui), denunciando tra l’altro come questo stia prendendo forma “a porte chiuse”, ossia senza una vera possibilità per i cittadini di conoscere nel dettaglio il contenuto del testo e gli impegni che questo comporterebbe per le parti in gioco. A incalzare il Parlamento europeo è arrivata in questi giorni una lettera aperta, firmata da 375 organizzazioni della società civile, per far sentire una voce comune sui temi importanti che probabilmente saranno toccati dal trattato.

La lettera procede per punti e chiede innanzitutto ciò che più sta mancando nel processo di discussione del trattato: la trasparenza. «Tutti i documenti relativi ai negoziati Ttip, incluse le bozze dei testi consolidati, devono essere resi pubblici per permettere un dibattito pubblico aperto e un esame critico sul Ttip». Il secondo punto è la partecipazione. Non si può gestire un’area così vasta come fosse il terreno di gioco di una manciata di attori. Un accordo che tocca così tanti aspetti dell’economia e della vita dei cittadini deve essere discusso e condiviso all’interno dei singoli Stati, ascoltando le voci della società civile in forma associata, come cerca di far capire la lettera: «Un processo democratico che permetta un’analisi puntuale ed una valutazione dei testi negoziali e che assicuri che le politiche adottate siano nel pubblico interesse; che coinvolga il Parlamento Europeo e venga dibattuto nei parlamenti nazionali; e che includa le organizzazioni della società civile, i sindacati e i gruppi portatori dei diversi interessi».

Altro punto che genera preoccupazione tra i firmatari sono le norme Isds (Investor State Dispute Settlement). Di che si tratta è ben spiegato da Vandana Shiva in un articolo pubblicato sullo Huffington Post: si tratta di norme «che stabiliscono come gli investitori stranieri, cioè le multinazionali, possano trascinare i governi di fronte a un tribunale di arbitrato internazionale se pensano che i loro diritti siano stati violati. E visto che i diritti delle multinazionali si traducono nel cercare mercati e profitti ad ogni costo, tutte le decisioni democratiche prese per difendere l’interesse pubblico diventeranno materia per cause Isds. Quando i cittadini tedeschi, dopo il disastro di Fukushima, hanno votato contro il nucleare, la Germania è stata citata dalla compagnia svedese Vattenfall per più di 3 miliardi di euro. L’Uruguay è stata portata in giudizio dalla multinazionale del tabacco Philipp Morris per le avvertenze sanitarie sui pacchetti».

La preoccupazione, in generale, è che alcuni standard validi in generale in Europa siano livellati verso il basso per andare incontro all’approccio più liberista tipico degli Stati Uniti. «Essi comprendono gli standard sociali e lavorativi, la tutela dei consumatori e della salute, la cura dell’ambiente inclusa la rigenerazione delle nostre risorse naturali, il benessere animale, gli standard di sicurezza alimentare e le pratiche agricole ambientalmente sostenibili, accesso all’informazione ed etichettatura, cultura e medicina, regolamentazione del mercato finanziario così come la protezione dei dati, la neutralità della rete e altri diritti digitali». Per esempio in materia di agricoltura, cibo e ambiente, se non è scientificamente provato che qualcosa faccia male, negli Stati Uniti un bene o servizio può essere commercializzato liberamente, mentre in Europa si procede con molte più precauzioni e quindi la stessa cosa può essere messa in commercio solo se la scienza riesce a dimostrare che essa non costituisce una minaccia per l’ambiente o per la salute (vizi a parte).

Con il Ttip si rischia un’ulteriore arretramento del controllo della politica su aspetti essenziali per la vita dei cittadini come l’istruzione, la salute e altri servizi di pubblico interesse. Un’istituzione come l’Unione europea costituisce già una delega di sovranità degli Stati a un’entità sovranazionale. Se anche quest’ultima facesse un passo indietro, delegando la propria sovranità in nome del libero mercato, le conseguenze potrebbero essere devastanti.