Da qualche mese è stata lanciata la campagna “3 leggi per la giustizia e i diritti”. I promotori chiedono alla politica di muoversi velocemente e con competenza su tre temi sociali di grande importanza per la vita democratica del Paese: la prima richiesta è di introdurre il reato di tortura nell’ordinamento italiano, la seconda di occuparsi del sovraffollamento delle carceri -problema endemico sul quale ci siamo soffermati più volte-, la terza (legata alla precedente) di mettere mano a quelle norme “affolla-carceri” che prevedono l’arresto e la detenzione anche per lievi reati legati al possesso di droghe. Pubblichiamo di seguito un estratto di un articolo di Alessandro Graziadei scritto per il sito Unimondo.org, in cui nella parte in cui descrive i contenuti delle proposte avanzate.
[…] La prima proposta vuole sopperire a una lacuna normativa grave. In Italia manca, infatti, il crimine di tortura nonostante vi sia un obbligo internazionale in tal senso. «Il testo prescelto è quello codificato nella Convenzione delle Nazioni unite, importante perché la proibizione legale della tortura qualifica un sistema politico come democratico» ha spiegato il comitato promotore. «Nel 1764 Cesare Beccaria pubblica Dei delitti e delle pene: è la prima volta che la tortura e la pena di morte vengono messe seriamente in discussione -ha spiegato Daniele Vicari, regista del film Diaz, che in questa campagna ha deciso di metterci la faccia-. 220 anni dopo l’Onu emana una convenzione contro la tortura chiedendo a tutti gli stati di aderirvi e nel 1987 la Comunità europea chiede a tutti gli stati membri di introdurla nei propri codici penali di ciascun paese. Nel 2013 l’Italia non lo ha ancora fatto, per questo firmare questa petizione è un dovere di civiltà, e se vogliamo chiedere al nostro Parlamento di adeguare il codice penale italiano alla normativa Onu dobbiamo andare presso tutti gli sportelli comunali e firmare».
La seconda delle proposte di legge vuole invece intervenire in materia di diritti dei detenuti e di riduzione dell’affollamento penitenziario. Il 29 giugno 2010 è stato approvato il piano carceri dall’allora governo Berlusconi, che prevedeva la realizzazione di 9.150 posti, per un importo totale di 661 milioni di euro. Oggi i fondi sono calati a 450 milioni, ma neanche un mattone è stato posto. «Non è con l’edilizia che si risolve la questione carceraria, ma intervenendo sui flussi in ingresso e in uscita -ha precisato il comitato promotore-. Le norme da noi elaborate vogliono rompere l’anomalia italiana ripristinando la legalità nelle carceri come anche il Csm ha chiesto, rafforzando il concetto di misura cautelare intramuraria come extrema ratio, pur previsto nel nostro ordinamento». La modifica normativa sembra così essere indispensabile per porre fine al ricorso sistematico al carcere nella fase cautelare come una forma di pena anticipata prima del processo. Un buon inizio per la campagna potrebbe essere «l’abolizione dell’odioso reato di clandestinità, con i suoi costi enormi umani ed economici, e un intervento drastico sulla legge Cirielli in materia di recidiva, ripristinando la possibilità di accesso ai benefici penitenziari e azzerando tutti gli aumenti di pena».
Infine la terza proposta vuole modificare la legge sulle droghe che tanta carcerazione inutile produce nel nostro Paese. Le pene vigenti per la detenzione a fini di spaccio oggi sono molto alte (da 6 a 20 anni). La presunzione di spaccio continua a portare in carcere semplici consumatori o tossicodipendenti, che poi non riescono neanche ad accedere alle pene alternative proprio a causa della pena elevata, anche nei confronti di fatti di lieve entità. […] Per i promotori, in questo modo, «Viene quindi superato il paradigma punitivo della legge Fini-Giovanardi […]. Inoltre, diminuendo le pene e armonizzandole al resto del codice penale, si rendono accessibili le misure alternative ai tossicodipendenti eventualmente condannati».