Treno del sole, Trinacria, Treno dell’Etna, Freccia della Laguna. I nomi degli Intercity notte che per decenni hanno tenuto assieme l’Italia da Nord a Sud evocano immagini di migrazioni, viaggi, speranze, ritorni. Da oggi questi treni resteranno parcheggiati su un binario morto, perché con l’entrata in vigore del nuovo orario di Trenitalia non sarà più possibile salire in carrozza a Milano, Torino o Venezia e scendere in Sicilia. Bisognerà fare cambio a Roma o a Bologna, in piena notte.

Finisce così l’epoca romantica del viaggio in treno, con i suoi pro e contro. E non è una sorpresa. Da anni Trenitalia sta spostando sempre di più la sua offerta verso servizi più redditizi: le varie “frecce”, l’alta velocità. Tutto ciò che è svincolato da contratti di servizio con le Regioni e gli altri enti locali e destinato a un’utenza che può spendere. Gli Intercity notte erano i treni “del popolo”, ai quali ci si affidava con un po’ di fatalismo. Molte ore, molte fermate, possibilità di ritardo altissime.

Potevano sembrare anacronistici in tempi di voli low-cost e auto sempre più confortevoli, ma per molte persone erano l’indiscutibile mezzo di spostamento con cui attraversare lo Stivale. È vero che l’aereo, per contro, è diventato un mezzo economicamente più accessibile. Ma la stazione è un luogo diverso da un aeroporto. È “nella” città, non al di fuori; permette più libertà di movimento al passeggero, che può essere seguito fin sopra il treno da eventuali accompagnatori. Si sale, si controlla lo scompartimento, si caricano le valigie, e poi l’ultimo saluto dal finestrino. Niente a che vedere con la fredda procedura del check-in.

Ma non è solo una questione da nostalgici. Ci sono anche dei numeri. «Nel 2005 erano 56 i treni circolanti da Nord a Sud e viceversa. [Fino a ieri erano] 26, e da [oggi] saranno dieci», scriveva il 6 dicembre Salvo Catalano su Repubblica. Ne restano cinque da Palermo e altrettanti da Siracusa. Ma, come si diceva in apertura, il capolinea è Roma. Continua Catalano: «Sulle decisioni di Trenitalia ha influito il pesante taglio sul trasferimento di risorse da parte del precedente governo, che ha spinto i dirigenti dell’azienda pubblica a tagliare le linee economicamente svantaggiose».

La politica perseguita dall’azienda in questi anni è sintetizzata dall’analisi pubblicata ieri dal Sole 24 Ore, a pagina 31: «Tagliare il più possibile i servizi in perdita per concentrarsi su quelli più redditizi. Una politica che ha nettamente migliorato i conti dell’azienda ma ha avuto un effetto collaterale: l’Italia è l’unico Paese fra i grandi europei che nell’ultimo decennio ha visto un calo del traffico passeggeri, nonostante l’apertura tra fine 2005 e fine 2009 di 661 chilometri di nuove linee ad alta velocità».

Il problema, infatti, è che all’aumento dell’offerta di treni “a prezzi di mercato” non è corrisposta un’altrettanto decisa impennata della domanda. Per contro, viste le numerose cancellazioni di tratte servite da treni meno costosi, la domanda è caduta in picchiata. Il risultato è che siamo e saremo sempre di più un Paese che, quando non può prendere l’aereo, viaggia sulle quattro ruote. Con le conseguenze che ben conosciamo per l’ambiente, la sicurezza sulle strade, e i costi per chi si sposta, visto il continuo aumento dei prezzi della benzina. Pazienza, per ora tocca adeguarsi a questo regalo di Natale anticipato di Trenitalia, in attesa di constatarne le conseguenze nel periodo delle feste. Alcune si sono già viste. Il taglio mette a rischio il posto di lavoro di circa 800 persone. Quelle impiegate nella Wagon-lit, che ora, dopo aver tenuto in ordine per anni il sonno dei passeggeri notturni, hanno di certo qualche difficoltà a chiudere occhio.