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Un articolo di Luca Martinelli su Altreconomia spiega a fondo le contraddizioni contenute nel provvedimento “Sblocca Italia”, che dovrebbe occuparsi principalmente di terminare le grandi opere la cui costruzione si è impantanata per questioni economiche, legali o burocratiche.

L’idea che sviluppo sia sinonimo di infrastrutture “pesanti” rischia di mandare l’Italia fuoristrada. Il 29 agosto, il Consiglio dei ministri [ha approvato] il decreto “Sblocca Italia”, che al punto 1 vede indicate le misure necessarie per “Sburocratizzare per far partire i cantieri”, ed elenca – in una mappa “vintage” pubblicata sul sito del ministero delle Infrastrutture e trasporti, guidato da Maurizio Lupi – 14 opere «già finanziate per 30 miliardi e 402 milioni» oltre a 13 cantieri di grandi e piccole opere per ulteriori 13 miliardi e 236 milioni.

L’elenco comprende l’alta velocità tra Torino e Lione, l’alta capacità tra Napoli e Bari, parecchie autostrade, qualche aeroporto, e la ferrovia tra Messina, Catania e Palermo. Tra gli interventi “bollati” come già finanziati ci sono anche le autostrade Orte-Mestre e Valdastico Nord, e qui appare evidente come lo schema del decreto voluto dal presidente del Consiglio Matteo Renzi non sia ancorato alla realtà.

Quello della Valdastico Nord (A31) è un vecchio progetto degli anni Settanta, e – come spiegammo in un’inchiesta del febbraio 2013 – è stato rimesso in campo solo per garantire la continuità della concessione (già scaduta) in essere e relativa alle autostrade A4 (nella tratta tra Brescia-Padova) e A31. L’intervento, che dovrebbe costare oltre due miliardi di euro e collegare Vicenza e Trento, però non è affatto finanziato, visto che verrebbe ripagato dagli utenti dell’autostrada con incrementi tariffari fino al 2046. «Si ritiene che lo scopo del collegamento della ‘Valdastico nord’ sia essenzialmente quello di ottenere una proroga quarantennale della concessione sull’Autostrada A4 senza passare attraverso la procedura di gara» ha detto il presidente della Provincia di Trento, Ugo Rossi, rispondendo a una interrogazione. Ed ha aggiunto: «La realizzabilità finanziaria di un’opera di 2 miliardi di euro per un traffico giornaliero di 35 mila mezzi (oggi A22 ha un passaggio di 40 mila mezzi) è dal punto di vista finanziario difficilmente sostenibile e, a prescindere dalla posizione della Provincia autonoma di Trento, sarà la finanza a determinarne l’effettiva realizzabilità».

Per quanto riguarda la Orte-Mestre (qui il reportage di Ae), cioè l’idea dell’Autostrada del Sole del XXI secolo, un collegamento di quasi 400 chilometri tra cinque regioni, è stata la Corte dei Conti, con una delibera pubblica a fine luglio, a “bocciare” il progetto, considerando «non conforme a legge la delibera del CIPE» che nel novembre del 2013 aveva approvato il progetto preliminare dell’opera ed il relativo Piano economico e finanziario.

Prima di promettere ed avviare nuovi cantieri, inoltre, sarebbe opportuno che il Governo provasse a guardare dall’esterno le proprie mosse, per capire che cos’accade con quelli già aperti. Ad esempio, con la realizzazione della Pedemontana Lombarda: l’autostrada tra Varese e Bergamo avrebbe dovuto essere consegnata entro Expo, grazie anche a un intervento per quasi 4 miliardi di euro di finanziamento da parte di istituti di credito privati. Il 1° agosto, mentre il presidente del Consiglio annunciava lo “Sblocca Italia” in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, si teneva anche la riunione del CIPE – Comitato interministeriale per la programmazione economica – che ha deciso di garantire alla Pedemontana il regime di defiscalizzazione previsto da una norma di fine 2012, e applicabile solo a quei progetti il cui piano economico e finanziario non sia sostenibile.

Senza questo aiuto di Stato, l’autostrada – con il traffico stimato e i relativi pedaggi – non starebbe in piedi. Secondo quanto scritto da Il Sole 24 Ore, «l’esenzione fiscale sarà totale, la società cioè non pagherà un euro di tasse, dal 2016 al 2027, per un valore nominale di minori incassi per lo Stato stimato in 800 milioni di euro (circa 67 milioni all’anno per 12 anni)». I proprietari di Pedemontana, che il Governo ha scelto di aiutare, sono Intesa Sanpaolo, Ubi Banca e Serravalle, società in procinto di passare sotto il controllo di Regione Lombardia.

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