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Una piccola riflessione sull’utilità di alcune segnalazioni da parte di trasmissioni tv. In particolare, Le Iene, che si distinguono talvolta per un buon esercizio di informazione e indagine, alternato a servizi altamente distorsivi dei fatti raccontati, che ne minano alla base l’attendibilità e la reputazione. Il problema che ci poniamo è questo: quando si smascherano situazioni che potrebbero configurare un reato, perché non si interviene? Sappiamo infatti che i servizi giornalistici (e quelli delle Iene spesso non lo sono) e le trasmissioni televisive possono costituire una segnalazione che innesca l’intervento delle forze dell’ordine, ma spesso poi la conseguenza dei fatti descritti è solo l’indignazione, che il tempo contribuisce a cancellare.

È il caso, per esempio, del servizio sui dipendenti “fannulloni” del Senato, andato in onda il 19 marzo. Le riprese della iena Filippo Roma svelano un mondo di grande relax e fitto di passatempo, talvolta remunerativi, come la compravendita di appartamenti o di quadri. Altri si dedicano con passione al download (illegale) di film o sfidano la propria abilità nei videogiochi. Il tutto nell’orario di lavoro e per una paga che (al netto dei benefit) si attesta su una media di 150mila euro netti l’anno. Cifre ben più alte di un normale dipendente pubblico e in barba al tasso di disoccupazione nazionale che è salito al 13 per cento, nuovo picco storico dal 1977. Grande indignazione da parte di tutti coloro che hanno visto il filmato, ma poi? Peraltro, al momento il servizio è stato rimosso dal sito della trasmissione, quindi non possiamo linkarlo, ma cercando nel web se ne trovano riduzioni o spezzoni. Rispetto a tante altre operazioni opinabili messe in atto dalle Iene, questa merita attenzione e sarebbe bene che portasse a conseguenze pratiche verso i protagonisti colti a oziare durante l’orario lavorativo. Al momento tutto tace.

Se non servono a nulla, se è puro entertainment, allora tanto vale chiudere queste trasmissioni. Soprattutto perché, se da una parte le denunce che riescono a smascherare spesso non hanno conseguenze, è vero che dall’altra questi pseudo-giornalisti talvolta si rendono protagonisti di operazioni deprecabili, volte a seminare false speranze nei più deboli. È successo con la serie di servizi realizzati Giulio Golia a proposito del caso Stamina, poi sbugiardato (tra gli altri) da un giornalista vero come Riccardo Iacona nel suo Presa Diretta. Era successo, ancora, con un servizio del 5 marzo 2013, che prospettava la dieta alcalinica (ossia vegana) come miracolosa cura contro il cancro, tesi che viene smontata (tra l’altro) qui. In realtà, in questo caso il servizio una conseguenza l’ha provocata: «È notizia di qualche giorno fa che l’Ospedale San Raffaele ha deciso di non rinnovare la collaborazione con la dottoressa De Petris, una consulente della struttura. Era stata intervistata per illustrare gli effetti della dieta alcalina come terapia contro il cancro». Quante persone hanno illuso a fronte delle menzogne diffuse? Ecco, facendo un bilancio delle potenzialità della trasmissione, e dei danni provocati rispetto ai benefici che potrebbe portare, forse sarebbe meglio spegnere le telecamere.