Come ogni anno, oggi si celebra la Giornata mondiale del rifugiato, istituita dall’Onu nel 2001. Si è trattato di un anno molto difficile per le persone in cerca di protezione internazionale, in particolare per quelle dirette verso l’Europa. Da un lato, la guerra d’invasione russa in Ucraina ha creato centinaia di migliaia di profughi, principalmente donne, bambini e anziani.

Dall’altro, le tensioni in paesi come Tunisia, Libia, Sudan, ma anche Pakistan, stanno portando sempre più persone in viaggi disperati attraverso il Mediterraneo, complice l’arrivo dell’estate. Due esempi recenti ci ricordano quanto le politiche europee di respingimento siano ingiuste e portino a conseguenze spesso tragiche, e ci riferiamo ovviamente al naufragio avvenuto davanti alla costa di Cutro, in Calabria, nonché a quello avvenuto pochi giorni fa al largo della Grecia.

Secondo dati Eurostat citati da Redattore Sociale, «Nel 2022 i Paesi dell’Ue hanno concesso permessi di protezione a 384.245 richiedenti asilo, con un aumento del 40% rispetto al 2021. […] Tra i richiedenti asilo a cui è stato concesso un permesso di protezione nell’Ue nel 2022, il 44% ha ricevuto lo status di rifugiato, il 31% ha ottenuto la protezione sussidiaria e il 25% la protezione umanitaria (che include anche la protezione speciale). Rispetto al 2021, il numero di status di rifugiato concessi è aumentato del 22%, la protezione sussidiaria è cresciuta del 48% e la protezione umanitaria ha registrato l’incremento più alto con il 72%».

Spesso in Italia viene fatto passare il messaggio che siamo il Paese che accoglie di più. Si parla spesso di “invasione”, per non parlare di altre improvvide espressioni. In realtà è ampiamente la Germania il primo paese europeo per accoglienza, avendo rilasciato 160 mila permessi di protezione nel 2022. L’Italia ne ha concessi solo 40 mila. Anche comparando il dato rispetto alla popolazione il paragone non regge. In Germania la cifra si traduce in 200 permessi ogni 100.000 abitanti, mentre per l’Italia sono 69 ogni 100.000 abitanti.

Molti di più, per motivi contingenti, sono stati i permessi di protezione temporanea concessi a cittadini e cittadine ucraini. In questo caso l’Italia ne ha rilasciati 150 mila. I paesi confinanti con l’Ucraina (su tutti la Polonia) sono ovviamente quelli che hanno accolto più rifugiati, ma anche in questo caso l’Italia è molto meno interessata dal problema rispetto a paesi come la Germania (777 mila beneficiari).

Nel report sintetizzato da Redattore Sociale si danno poi alcune percentuali relative alla quota di domande accolte e al tipo di protezione concessa. Andamenti e tendenze degli ultimi decenni sono in parte legate a eventi internazionali che influenzano pesantemente i flussi migratori, dalle cosiddette “primavere arabe” alla guerra in Siria (che proprio da quel fenomeno ebbe origine). Colpisce però come si accetti come “normale” e non problematico il fatto che la percentuale di domande accettate vari molto in base al paese di provenienza: «bangladesi, pakistani, egiziani, tunisini e nigeriani, sebbene numericamente molto importanti nel nostro Paese tra i richiedenti asilo, ottengono esiti positivi alla domanda di protezione (qualsiasi tipo di protezione) inferiori rispetto a nazionalità numericamente più numerose in altri Paesi Ue, come i siriani, gli afghani, colombiani e venezuelani». L’informazione passa via così, in maniera neutra. Ma questa invece è parte dell’ingiustizia e della discriminazione che colpisce le persone in viaggio verso l’Europa, e in particolare l’Italia. Concedere o meno una forma di protezione internazionale in base (principalmente) al paese di provenienza vuol dire non considerare la storia personale di ciascuno, le peripezie che ha attraversato, i motivi che l’hanno spinto o spinta a intraprendere un viaggio che può durare anni e avere esiti tragici. Peraltro, questa “spersonalizzazione” del rifugiato è proprio la direzione in cui sembra andare la proposta di riforma della Convenzione di Dublino in discussione a livello europeo.

(Foto di James Beheshti su Unsplash)

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