Alcuni recenti casi di cronaca che hanno visto coinvolti minorenni e giovani adulti in gravi reati hanno scosso l’opinione pubblica. Il governo ha risposto con un decreto interamente basato sulla repressione: manca, nelle nostre istituzioni, un approccio preventivo al disagio. L’analisi di Scienza in Rete.
Recentemente è ripresa la discussione sulla qualità della scuola italiana, anche con voci allarmate. All’allarme contribuisce la soluzione esclusivamente repressiva contenuta nel decreto Caivano. Va ricordato che la scuola offre opportunità uniche per affrontare problemi che non sono solo di apprendimento, e che le professionalità che ruotano intorno alla scuola (a tutti i livelli) non sono solo quella degli insegnanti.
Ci troviamo oggi in quella che molti definiscono una vera e propria emergenza educativa. Gli episodi di cronaca e gli allarmi degli esperti ci raccontano una generazione di giovani e di bambini che sta soffrendo, e che esprime il proprio disagio con atti di violenza contro sé stessi e contro gli altri. I servizi territoriali e di prevenzione sono stati in parte smantellati; manca personale e manca un approccio sistemico di presa in carico. Le realtà scolastiche, anch’esse già gravate da tagli e mancanze di organico, si trovano in gravi difficoltà nel sopperire a queste mancanze. Si lavora in emergenza e mancano spazi e tempo per poter fare prevenzione: il decreto Caivano ne è l’ennesima riprova.
La scuola è il luogo deputato a incontrare tutti i minori in età dell’obbligo scolastico. Può essere dunque osservatorio privilegiato e spazio di prevenzione. Questo aspetto però non solo non è sfruttato in modo efficace, ma spesso a causa di una disfunzionalità organica contribuisce a perdere di vista i ragazzi (gli abbandoni scolastici e i ritiri sociali sono in aumento). La scuola sta attraversando un lungo periodo di difficoltà e di tagli. I docenti sono chiamati a svolgere compiti (burocrazia, aggiornamenti, sicurezza, etc) che esulano dalla didattica e dalla relazione con i propri allievi. Inoltre la recente formazione richiesta al corpo insegnante non include discipline utili a comprendere le nuove fragilità di queste generazioni. Discipline quali pedagogia, psicologia dell’età evolutiva, sociologia della marginalità e della devianza, sistemi organizzativi territoriali, psicologia dello sviluppo, diritto penale minorile non rientrano nel curriculum universitario dei futuri docenti. Questo comporta inevitabilmente che la rilevazione e la presa in carico di situazioni di disagio subiscano ritardi oppure omissioni, contribuendo a creare ulteriore frustrazione e stanchezza nei docenti, e l’amplificarsi di condizioni disfunzionali per il minore.
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(Foto di René Ranisch su Unsplash)
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