L’ultima immagine prima della pausa estiva la vogliamo dedicare ai 400 migranti salvati mercoledì 5 agosto a 25 chilometri dalle coste libiche. L’ultimo pensiero va ai 25 corpi senza vita consegnati dal mare ai soccorritori e ai molti altri che probabilmente non si ritroveranno mai, visto che il numero stimato di persone in mare era tra i 600 e i 700. Il Mediterraneo è il luogo simbolo di un fenomeno, la migrazione, che l’Europa non riesce a gestire. Non perché manchino i fondi per le missioni di soccorso (e per fortuna dove non arriva la flotta di Frontex arrivano spesso le navi della marina militare italiana o le imbarcazioni di associazioni, come quella di Medici senza frontiere in questo caso), ma perché non si riesce ad andare oltre l’idea di militarizzazione dei confini. L’immigrato, se proveniente da Paesi con situazioni politiche o economiche difficili, è visto come un problema, e gestito di conseguenza. Quante morti si sarebbero potute evitare (e quante se ne potrebbero evitare in futuro) se solo le persone fossero libere di viaggiare comprando un biglietto, senza doversi rivolgere al mercato nero del traffico di esseri umani, che prima le priva dei loro soldi, poi della loro dignità e, spesso, della vita.
«Aiutiamoli a casa loro» è una formula vuota, che si ferma all’idea di impedire le partenze. È come vedere l’Africa e il Medio Oriente come un enorme vaso di Pandora, nel quale rinchiudere gli spiriti maligni, i fantasmi (spesso generati dal nostro passato coloniale), per impedire loro di infestare il mondo e continuare a vivere nell’illusione che il male stia sempre altrove. In che modo la politica si impegna davvero per stabilizzare situazioni che, storicamente, ha contribuito a innescare? Chi fa qualcosa per l’Eritrea (ex colonia italiana), da cui provengono molti profughi, e dalla quale i cittadini devono fuggire in gran segreto, rischiando la vita se scoperti? Chi si muove per la Somalia (altra ex colonia), uno dei Paesi più instabili del continente africano, che tra l’altro è in lotta col Kenya sulla linea di confine, tanto che quest’ultimo sta iniziando a costruire un muro di separazione?
Se non altro, tornando alle politiche di accoglienza, non siamo ancora arrivati ai livelli di Paesi come Malta o l’Australia, che negli anni scorsi si sono distinti per le proprie politiche particolarmente impietose nei confronti di imbarcazioni che chiedevano di attraccare: niente documenti, niente accesso al porto. Ma il mondo si fa sempre più complesso e non è possibile affrontarlo con semplificazioni e demagogie. A guerre e carestie si aggiunge ora il riscaldamento globale. È di questi giorni la prima richiesta di asilo politico in questo senso: un abitante delle Kiribati, un arcipelago del Pacifico minacciato dall’innalzamento del livello del mare, ha chiesto asilo alla Nuova Zelanda. Questa ha stabilito che, nonostante la minaccia esista, Ioane Teitiota non corre alcun grave pericolo per la sua vita, e quindi la richiesta è stata respinta. Si parla spesso di preservare i confini, di regolare le quote, del pericolo sociale ed economico che stanno portando i migranti nelle nostre città. Poi arrivano i nubifragi, come quello che ha colpito Firenze sabato 1° agosto e si scopre che tra i volontari, per loro stessa richiesta, ci sono 18 profughi ospitati nelle strutture della provincia toscana.
Dovrebbe farci riflettere anche la vignetta pubblicata su The Mascot, quotidiano di New Orleans, nel 1888, ripescata da varie testate all’inizio di giugno. È un documento autentico, che dà l’idea di come, nel diciannovesimo secolo, fossero visti gli italiani nella città della Louisiana (ma probabilmente in tutto il Sud degli Stati Uniti): delle bestie. Nel corso del secolo circa 10 milioni di italiani lasciarono le proprie terre per raggiungere gli Usa in cerca di lavoro, e l’accoglienza non fu delle migliori. Nella vignetta in questione, si “consigliano” due modalità per avere a che fare con gli immigrati di casa nostra: arrestandoli senza risparmiare ogni tipo di violenza, per poi liberarsi di loro gettandoli in mare da un’apposita gabbia legata a un argano.
«Aiutiamoli a casa loro», si diceva. Decidiamoci: o si pensa a una politica interventista, che suona un po’ sorpassata ora che le mire imperialistiche degli Stati più potenti si sono affievolite (o forse la politica è stata sorpassata dall’economia, molto più agile nel conquistare nuovi territori), oppure si tace e ci si impegna a mettere in campo tutte le risorse per fare in modo che non si debbano più leggere i soliti titoloni (che colpiscono sempre meno, data la loro frequenza) sulle tragedie del mare. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel 2014 sono morte 3.279 persone nel tentativo di raggiungere le coste europee; nel 2015 le morti sono già oltre 2000. Sono numeri dei quali speriamo un giorno di non dover più parlare.
ZeroNegativo e Avis Legnano augurano a tutti buona estate, le pubblicazioni sul blog riprenderanno il 24 agosto.