La chiusura generalizzata delle scuole è stata forse il più evidente fallimento della politica nella gestione della pandemia. A più di un anno dall’inizio di questa crisi, ancora non è stato avviato un piano di studio, monitoraggio e valutazione del rischio che ci dica qualcosa sull’effettiva pericolosità della scuola nella diffusione del coronavirus. Il precedente governo ha alternato aperture e chiusure, senza mostrare di avere una strategia precisa, quello attuale ha optato da subito per una chiusura generalizzata, salvo eccezioni. Ma non è solo questo il problema.

Il fallimento della politica si concretizza anche nella totale incapacità di immaginare come far proseguire la didattica in forme e modalità diverse da quella tradizionale. Con la DAD la scuola si è trovata, praticamente da un giorno all’altro, a dover fare un salto tecnologico a cui non era pronta. Ma è l’Italia in generale a non essere pronta, visto che spesso nelle famiglie mancano gli strumenti, gli spazi e una connessione a internet adeguata per svolgere le attività didattiche. La DAD può essere una soluzione temporanea, ma non si può pensare che sia l’unica (o la principale) forma di svolgimento delle lezioni per un periodo di tempo prolungato. Non può funzionare, per i motivi descritti ma anche perché studenti e insegnanti non ne possono più. Continuare così finché il peggio non sarà passato non è una strategia, è tirare a campare. Interessante la riflessione “a puntate” sull’intelligenza “novecentesca” che Alessandro Baricco sta portando avanti, e che usa anche la scuola come esempio di una generale incapacità di trovare soluzioni nuove ai problemi: «È istruttivo notare come non si sia immaginato nient’altro che versare meccanicamente le stesse cose che si facevano in aula dentro il contenitore dei device digitali. Non un orario cambiato, non un programma cambiato, solo la cieca ostinazione nel cercare gli stessi risultati con una tecnica completamente inadatta a ottenerli. Solo sistemi fondati su una sorta di eroica forza ottusa possono pensare di trasportare in DAD le ore di educazione fisica senza neanche pensarci un attimo. Lo vedete il cemento armato?».

Dalle associazioni arrivano richieste simili: aperture e sicurezza. «Chiediamo che tutte le scuole, di ogni ordine e grado, vengano riaperte dopo Pasqua – ha detto Marco Chiesara, Presidente di WeWorld –. Dobbiamo garantire ai bambini/e e agli adolescenti il diritto all’educazione, intesa a tutto tondo come istruzione e sviluppo delle competenze personali e sociali. E questo non può avvenire esclusivamente con la didattica a distanza. È necessario garantire la scuola in presenza, e crediamo che questo possa essere fatto adottando tutti i protocolli e le precauzioni necessarie (distanziamento sociale, aerazione, mascherine, ecc.) organizzando piccoli gruppi in presenza e per le scuole superiori prevedendo l’alternanza tra didattica in presenza e didattica a distanza. Il diritto alla salute ed il diritto all’istruzione possono e devono coesistere».

All’interno di questa questione, c’è l’esperienza che stanno vivendo molti studenti con disabilità per i quali, secondo i racconti di associazioni e familiari coinvolti, la possibilità della didattica in presenza non sta andando di pari passo con pratiche inclusive. Si leggono infatti diverse testimonianze di studenti con disabilità che hanno effettivamente accesso alla didattica in presenza, ma da soli. Secondo Redattore Sociale, l’ultima circolare del Ministero dell’istruzione «ha ribadito la necessità di garantire l’“effettiva inclusione” degli studenti con disabilità anche nelle zone rosse. In altre parole, sempre in presenza e mai da soli, ma con un gruppo ristretto di compagni». Un principio che viene evidentemente disatteso in molte realtà. Anche la Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) ha preso posizione sul tema, scrivendo che «occorre insistere sulle pratiche di inclusione in una prospettiva di valore, dove l’alunno con disabilità deve rappresentare una risorsa per l’intero ambiente di apprendimento. Non lasciando indietro nessuno». Coordown e Associazione nazionale presidi si sono invece confrontate per definire le tre condizioni per garantire il diritto all’istruzione e all’inclusione: fissare i livelli essenziali delle prestazioni nella didattica in presenza, garantire assistenti a domicilio per la didattica a distanza, vaccinare gli alunni fragili.

(Foto di Sharon McCutcheon su Unsplash )

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