Oltre il 75% del cibo consumato oggi nel mondo proviene da appena 12 specie vegetali e cinque specie animali. L’eccessiva dipendenza da questa piccola selezione, che comprende riso, mais e grano, danneggia l’ambiente e la salute umana e rende il nostro alimentare globale più vulnerabile. Ma oltre a tutto ciò, tale ridotta varietà ha anche un impatto economico negativo.
Uno studio recente, di cui scrivono gli stessi autori su The Conversation, mostra perché la diversità delle colture è la chiave per la trasformazione del sistema alimentare. Gli autori suggeriscono infatti che un sistema basato sulla diversità possa fornire molteplici benefici per la salute delle persone e del pianeta e distribuire i profitti in modo più equo.
Al contrario delle monocolture industriali, le aziende agricole che coltivano una varietà di colture e alberi hanno un impronta positiva sull’ambiente perché aumentano la ricchezza di specie non coltivate, migliorano il ciclo dei nutrienti e la cattura della CO2 e sostengono i mezzi di sussistenza degli agricoltori.
Queste aziende spesso sostengono sistemi di agricoltura diversi da quella convenzionale, adottando pratiche agricole che includono l’agricoltura rigenerativa e la permacultura (cioè l’uso sostenibile del territorio).
L’attuale commercio globale di prodotti alimentari di base come mais, riso, soia, canna da zucchero e grano è oggi controllato da un piccolo numero di grandi aziende, che influenzano tutti gli aspetti del sistema, tra cui la produzione, la lavorazione, il confezionamento e il trasporto.
Considerare il cibo come un investimento redditizio piuttosto che come una fonte di sostentamento ha introdotto gravi disuguaglianze. Una delle conseguenze di ciò sono gli investimenti esteri nei Paesi in via di sviluppo, che costringono i piccoli agricoltori a spostarsi (rendendoli di fatto dei profughi interni), contribuendo alle disuguaglianze nella proprietà della terra e aggravando l’insicurezza alimentare.
Come ormai sappiamo, cibo e salute sono strettamente interconnessi e la medicina moderna sta riconoscendo sempre più le relazioni tra il cosiddetto “asse intestino-immunità-cervello”. Se il sistema alimentare è in grado di fornire cibo composto da una varietà di ingredienti minimamente lavorati, probabilmente si otterranno risultati migliori in termini di salute. Anche questo può avere profondi benefici economici, poiché una maggiore varietà di fonti alimentari migliora il microbioma intestinale, promuovendo una migliore salute fisica e mentale e riducendo l’impatto sui sistemi sanitari. Al contrario, il sistema alimentare industrializzato ha reso il cibo economico e abbondante, ma ha un costo per l’ambiente e la salute umana.
I terreni che coltivano una più ampia gamma di colture supporteranno anche una più ampia tipologia di pratiche agricole. Tali terreni, spiegano i ricercatori, supporteranno una maggiore diversità di habitat e una più ricca varietà di specie non coltivate. Paesaggi agricoli diversificati possono promuovere economie alimentari più locali e regionali, basate su un’ampia varietà di prodotti stagionali, tipicamente coltivati in aziende agricole familiari su piccola scala. Queste tendono a fornire benefici economici a una parte più ampia della comunità.
I governi devono considerare l’alimentazione come parte integrante dell’economia del settore pubblico, accanto ad aspetti quali la sanità e la tutela dell’ambiente. Gli alimenti prodotti localmente e di stagione possono essere più costosi, ma con il sostegno dei governi per regolare i prezzi e promuovere le economie alimentari locali e regionali, gli alimenti potrebbero rimanere accessibili.
Un sistema alimentare basato sulla diversità, concludono gli autori, potrebbe apportare benefici ambientali, ridurre le vulnerabilità climatiche e migliorare la salute e il benessere. Ma potrebbe anche trasformare le economie alimentari locali e regionali e fornire un accesso sicuro a prodotti nutrienti ad alcune delle persone più vulnerabili della società.
(Foto di Sven Johanson su Unsplash)
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