I giorni che hanno portato alla rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica non sono stati uno spettacolo edificante per la politica italiana. Il Parlamento e i leader politici di ogni schieramento sono stati incapaci di trovare un accordo soddisfacente su una questione che richiedeva responsabilità e quel “senso delle istituzioni” che tutti rivendicano ma pochi dimostrano (tra questi ultimi il confermato presidente Mattarella, al quale va tutta la nostra solidarietà e gratitudine). Questo nonostante l’elezione del presidente della Repubblica sia un fatto tutt’altro che imprevedibile e improvviso. Un po’ come quando ci si prepara al compito in classe la sera prima, pentendosi di non avere iniziato prima a studiare. Ma del resto stiamo parlando di un Parlamento che, assieme ai governi che si sono succeduti, da due anni gestisce allo stesso modo la pandemia, mancando di presentarsi con una strategia precisa e credibile nell’imminenza di tutti gli appuntamenti più prevedibili, come l’inizio delle scuole, l’arrivo dell’inverno, delle festività, delle votazioni, del campionato di calcio, ecc.
Ma oltre alla mancanza di visione e strategia, in questa elezione è emerso anche un altro tic della politica e del mondo dell’informazione italiani, ossia l’idea di promuovere “una donna” – senza darle un nome – come soluzione innovativa e progressista.
La cosa che sorprende è che il tema non è per nulla nuovo, e non si capisce come mai nessuno dei consiglieri di alcuni tra i leader politici più in vista gli abbia fatto notare quanto sia problematico parlare di “una donna” presidente della Repubblica (nelle ultime ore si è arrivati addirittura a parlare di “un presidente donna”) come obiettivo in sé, senza specificare – se non in un secondo momento – nomi, motivazioni, curriculum.
Del resto la difficoltà nell’individuare una personalità di spicco che metta d’accordo tutti è essa stessa parte del problema. Sono poche in Italia le donne che ricoprono ruoli apicali e che hanno sufficiente esperienza politica per essere “candidabili”. Se a questo si unisce la pessima gestione di chi ha preso l’iniziativa nella proposta dei nomi, bruciandoli uno dopo l’altro, si capisce come mai le soluzioni si siano esaurite così in fretta. Peraltro anche i leader politici che hanno condotto le trattative sono tutti uomini.
Qualche dato per avere un’idea. L’Italia non ha mai avuto una presidente del Consiglio donna. Inoltre, le donne rappresentano circa il 35 per cento dei membri del Senato e della Camera. Per quanto riguarda l’attuale governo, ha 8 donne su 23 ministri e 19 donne su 39 sottosegretari, il che lo rende il governo più equilibrato in termini di genere della storia repubblicana italiana.
La vicenda è stata notata anche all’estero. Per esempio, un articolo della radiotelevisione pubblica belga ha rilevato già prima dell’inizio delle votazioni l’anomalia italiana e di quell'”una donna” ripetuto da politici e mezzi d’informazione come uno degli obiettivi per la successione di Mattarella – sempre che prima non ci si accordasse su “un uomo” (chiamandolo per nome), naturalmente.
L’emittente belga ha intervistato in proposito Giorgia Serughetti, ricercatrice di filosofia politica all’università di Milano Bicocca: «Da sinistra a destra, tutti i partiti hanno detto a un certo punto che sarebbe stata ora di avere una donna presidente, ma nessuno di loro è pronto a sostenerne una. È solo un gioco retorico». Serughetti fa un parallelo con i titoli che si leggono quando una donna si distingue in un campo sportivo o scientifico, per esempio: «Non si riporta il suo nome, ma solo il genere. È un modo per sottolineare l’eccezione alla norma, che è il maschile. Una pratica che è già stata denunciata in Italia, in particolare attraverso la pagina Instagram Una donna a caso e in Francia con il profilo parodistico di Wikipedia dedicato a Una donna.
Ne aveva già scritto diverso tempo fa anche il direttore di Internazionale, Giovanni De Mauro, facendo notare, tra le altre cose, che «Quando ci si fa caso la prima volta, si comincia a notare “una donna” dappertutto. “Una donna” ha tante nazionalità, molte professioni e infinite competenze. Ma non sono solo belle notizie quelle che la riguardano: in Italia “una donna” muore ogni due giorni, uccisa dal marito o dal compagno».
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