L’andamento (per non dire l’andazzo) della politica italiana ci ha assuefatti all’assunto che i programmi elettorali non vadano presi sul serio. Ormai sappiamo (ne parlavamo già nove anni fa su ZeroNegativo) che le cosiddette promesse elettorali sono un elenco di buone intenzioni (spesso neanche tanto buone), ma di fatto irrealizzabili. Gli italiani si sono ormai rassegnati a scegliere in base alle persone, e non ai programmi.
A conferma di questa premessa, c’è chi ha analizzato attentamente quanto scritto nei programmi di ciascun partito, mettendo nero su bianco la totale mancanza di contatto con la realtà delle proposte. «Sembra che i partiti – scrivevano il 6 settembre su Repubblica Tito Boeri e Roberto Perotti –, ora che è sospeso il Patto di Stabilità e la pandemia ha sdoganato una enorme espansione del disavanzo e del debito, abbiano perso qualsiasi percezione dei vincoli della finanza pubblica». Una sintesi piuttosto efficace di quanto, dati alla mano, ciò che è scritto nei documenti presentati dai partiti sia dettato da logiche lontane dai reali vincoli di gestione della cosa pubblica. Hanno più a che fare con lo sviluppo narrativo di slogan elettorali, che a una sintesi chiara e comprensibile di un sottinteso e articolato programma. Stiamo ovviamente generalizzando, e qualche differenza di approccio tra i partiti c’è: i cui documenti presentati vanno dalle 13 alle 68 pagine, con evidenti differenze di dettaglio delle proposte. Ma il concetto non cambia, come ribadito in più punti nell’articolo di Boeri e Perotti.
Tutti i partiti propongono un aumento abnorme della spesa pubblica per le iniziative più diverse, salvo poi evitare del tutto o quasi di specificare dove andranno a prendere i fondi, visto che «la stragrande maggioranza delle proposte appaiono però essere aggiuntive, parzialmente o interamente, alle misure del Pnrr. Sembra quasi che il Pnrr sia già un piccolo accidente del passato; eppure è ancora tutto da attuare, e stiamo parlando di 230 miliardi, il più grande incremento di spesa della nostra storia».
Tra i pochi strumenti per aumentare le entrate dello stato si cita l’immortale «recupero dell’evasione, 10 miliardi entro il 2025: ammesso che sia realistico, andrebbe però a ridurre la pressione fiscale dei contribuenti “onesti”. Condivisibile, ma ovviamente questo significa che non può essere usata per coprire le proposte di aumenti di spesa o di riduzioni di tasse nel programma. La seconda fonte di riduzione di 10 miliardi nelle spese per acquisti di beni e servizi. Nessun dettaglio viene indicato».
Ci fermiamo qui nell’analisi e vi rimandiamo all’articolo di Repubblica per ulteriori dettagli. Ciò su cui ci preme riflettere è che, se i partiti si sentono liberi (o addirittura in dovere) di fare promesse di questo tipo, e perché non devono rendere conto a nessuno. Sembra ci sia una sorta di patto non scritto tra partiti ed elettori, per cui i primi non si aspettano che i secondi credano davvero alle promesse. I programmi si fanno perché vanno fatti, per consuetudine, ma quanto scritto è talmente lontano dalla realtà che ai cittadini si chiede una fiducia sostanzialmente “al buio”. Ormai da decenni diamo per scontato che sia così. Il problema è che nel corso degli anni quelli che ora fanno promesse hanno governato praticamente tutti, e allora è normale che i cittadini diano fiducia ai pochi che non l’hanno ancora fatto (a prescindere dai programmi, a prescindere dalle competenze).
Venendo quindi alla nostra proposta, in chiusura, è che i programmi siano sottoposti a una revisione esterna da parte di un organismo indipendente. Non è fantascienza, succede già nei Paesi Bassi. Un lavoro simile (ma più approfondito) a quello fatto da Boeri e Perotti, che diventa un documento ufficiale, su cui chiedere conto ai partiti. Certo, neanche questo risolverebbe del tutto il problema, perché un programma elettorale non è un contratto, e dopo le elezioni il governo incaricato potrà comunque fare ciò che vuole. Ma sarebbe un modo per avere programmi più confrontabili, redatti con maggiore attenzione e senso di realtà. Per dare ai cittadini uno strumento in più con cui farsi un’idea. In altre parole per ridare dignità ai programmi elettorali, e quindi restituirne un po’ anche a elettori ed elettrici.
(Foto di Element5 Digital su Unsplash)
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