Quando vediamo una persona molto stressata, spesso la prima cosa che ci viene in mente è che avrebbe bisogno di una vacanza. L’idea è che, per uscire dalle dinamiche che rendono la quotidianità un luogo di tensione e ansia, uno stacco sia la risposta più efficace, almeno nel breve periodo.

Questo è forse vero nei casi in cui lo stress accumulato deriva da condizioni di breve periodo, che si prevede miglioreranno nel corso del tempo. Ma se si parla di una condizione persistente le cose cambiano, e se si arriva al burnout la fatidica vacanza può essere addirittura controproducente.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) descrive il burnout come un fenomeno lavorativo caratterizzato da esaurimento, cinismo e ridotta efficacia. Il burnout deriva dalla sensazione di non avere il controllo sul proprio lavoro, e si ripercuote su tutti gli aspetti della vita: si ha la sensazione di non avere l’energia per fare nulla, se non arrivare a fine giornata. Le responsabilità familiari, gli amici e gli hobby possono passare in secondo piano: anche se si ha il tempo di dedicarsi a queste attività al di fuori del lavoro, si è troppo stanchi o si prova apatia nei loro confronti.

Come spiega il New York Times, che ha sentito vari esperti sul tema, se si è molto stressati, le vacanze sono più simili a un cerotto. Magari ci si sente un po’ meglio quando si è via, ma non appena è il momento di tornare, torna anche l’ansia.

Per capire se si è in burnout, il consiglio raccolto dal Times è di porsi alcune domande una volta tornati al lavoro: durante il periodo di riposo riuscivate a dormire facilmente, ma ora vi rigirate nel letto? Il vostro battito cardiaco aumenta quando andate al lavoro o vi collegate a Slack? La vostra agenda non vi lascia spazio per trascorrere del tempo con i vostri cari o per rilassarvi?

Uno dei motivi per cui il burnout può essere così marcato anche dopo una vacanza è che le persone tendono a lavorare più intensamente nei giorni che precedono le ferie. Può essere opprimente passare da un lavoro intenso a una vacanza e poi tornare subito al lavoro.

Se potete – altro consiglio – concedetevi un giorno cuscinetto prima di tornare al lavoro. Usate questo tempo per riposare e rigenerarvi: disfate le valigie, se avete viaggiato, fate la spesa e immergetevi nella vita domestica in modo che la transizione sia meno brusca. Può anche essere utile delineare un rapido piano di lavoro. Pensate a ciò che potete realisticamente realizzare il giorno dopo e fate una lista da affrontare quando inizia la giornata lavorativa.

Una volta tornati al lavoro, fate attenzione agli effetti dello stress sul vostro corpo. Annotate ogni giorno come vi sentite e quali sono le cause. Se notate che vi viene sempre il mal di testa dopo aver parlato con un certo collega, o se vi sentite particolarmente ansiosi prima di una riunione ricorrente, prendetevi un minuto per un esercizio di respirazione prima della riunione o allontanatevi per una passeggiata veloce subito dopo la conversazione.

Anche i colleghi di lavoro possono essere una risorsa. Chiedete loro come gestiscono il carico di lavoro o come affrontano un capo difficile. Potete lavorare insieme per identificare le irritazioni persistenti di un lavoro e pensare a come affrontarle. Forse potete delegare un compito che vi mette ansia a un collega che non se ne preoccupa; forse potete trasformare una riunione in una mail.

Se fate continuamente fatica a stare al passo con il lavoro, la risposta potrebbe essere quella di trovare un nuovo lavoro. Più facile a dirsi che a farsi, ovvio, ma nel frattempo è bene verificare se il vostro carico di lavoro è sostenibile. Se così non fosse, potrebbe essere il momento di parlare in modo trasparente con il vostro superiore.

E comunque, conclude l’articolo, essere stanchi non è un segno di debolezza. Anche il miglior maratoneta ha bisogno di riposarsi prima di affrontare la gara successiva.

(Foto di Gabriele Stravinskaite su Unsplash)

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