Il direttore della rivista statunitense Science, H. Holden Thorp, ha cominciato a fare qualcosa di molto inusuale nei suoi editoriali: scagliarsi apertamente contro l’amministrazione di Donald Trump. Thorp è un chimico e dirigente universitario di lungo corso, diventato direttore di Science (e cinque altre riviste scientifiche) a ottobre 2019. Da quando ha preso in mano le redini del giornale, forse la più autorevole tra le pubblicazioni scientifiche a livello mondiale, non ha risparmiato editoriali molto accesi e diretti contro il presidente statunitense, attaccandolo per il suo atteggiamento sprezzante verso la scienza e per la sua gestione dell’emergenza dovuta alla pandemia da coronavirus. In uno degli ultimi affondi, Thorp se la prende con Trump per avere negato la pericolosità del COVID-19, nonostante ne fosse a conoscenza. Come è emerso infatti dalle dichiarazioni raccolte dal giornalista Bob Woodward, Trump ha ammesso placidamente di sapere tutto fin dall’inizio, e di avere volutamente evitato di ammettere alla popolazione tali informazioni. «Questo giornale ha commentato ogni eccentricità dei presidenti americani – ha scritto Thorp –. Azioni inadeguate per contrastare il cambiamento climatico e il degrado ambientale durante le amministrazioni repubblicane e democratiche sono state criticate di frequente. Ma questo potrebbe essere il momento più vergognoso nella storia delle politiche scientifiche statunitensi». La crociata di Thorp è stata notata anche da altri giornali e infatti, come fa notare un articolo di Wired, alcuni giorni fa un altro autorevole magazine, lo Scientific American, ha pubblicato per la prima volta nei suoi 175 anni di storia un endorsement a un candidato presidente (si trattava di Joe Biden).

Non esiste una scienza apolitica

Com’è ovvio, la linea di Thorp ha innescato critiche (poche, a suo dire) e manifestazioni di supporto. È lui stesso a spiegare qual è l’intento alla base di tutta l’operazione: «Ciò che stiamo provando a creare è una voce per la scienza. Ovviamente non è possibile identificare una voce unica per la scienza, ma penso che su alcuni principi ci sia un largo consenso tra gli scienziati». Soprattutto uno: i fatti non si inventano. «Le persone per cui scrivo – ha detto ancora Thorp – sono quelle che lavorano in laboratorio, 14-18 ore al giorno, per cercare di trovare un vaccino, un anticorpo, o qualsiasi cosa che sia in grado di attivare la risposta immunitaria al virus. Persone che poi tornano a casa, esauste, guardano il telegiornale, e sentono il loro presidente dire il contrario di ciò che hanno rilevato, e insinuare che anzi con il loro lavoro stiano peggiorando la situazione. I miei editoriali sono intesi a dare voce a queste anime coraggiose, coloro che ci porteranno fuori da tutto questo». La preoccupazione, in questi casi, è che un’esposizione politica troppo forte possa indebolire la validità e autorevolezza della ricerca. Thorp è convinto dell’esatto opposto. «Penso che ci siamo preoccupati fin troppo di stare alla larga dalla politica. Cosa abbiamo ottenuto? Negazionismo climatico, creazionismo, divieti di fare ricerca sulle cellule staminali. Tutto questo è la ricaduta della posizione degli scienziati che dicono “Oh, ce ne staremo seduti qui buoni nei nostri camici bianchi, lasciando che la gente concluda ciò che vuole”. Non c’è nessuna “scienza apolitica”. La scienza è fatta da esseri umani, in ambienti influenzati dalla politica, con finanziamenti pubblici». Thorp è anche preoccupato del fatto che ciò di cui si discute nel mondo scientifico rimanga confinato al mondo dei ricercatori. Per quanto autorevole, Science non arriverà mai al pubblico dei grandi giornali o degli influencer. «Dobbiamo in qualche modo allearci alle persone che possono accrescere l’ampiezza del pubblico. Non possiamo certo farcela da soli».

In Italia

Ciò che accade dall’altra parte dell’Atlantico può sembrare a volte lontano, troppo diverso dal contesto europeo e italiano per fare dei paragoni. In Italia non mancano scienziati che vivono la scienza come un fatto politico, ma si tratta appunto di singoli, che spesso finiscono per sembrare più interessati a costruirsi un proprio seguito, piuttosto che a perseguire la ricerca di una voce unica per la scienza. Per quanto riguarda la scelta di tenersi fuori dalla politica, non possiamo certo dire che anche qui manchino fenomeni come il negazionismo climatico, l’antivaccinismo, gli “anti-5G”, ecc. Non è solo colpa della deferenza della scienza, ma forse può spiegare una parte del problema.