Terzani-Unidea-di-destinoIn questi giorni è uscito un libro che raccoglie i diari tenuti dal giornalista e scrittore Tiziano Terzani dal 1981 fino agli ultimi anni della sua vita, che si è fermata il 28 luglio 2004. Visto che ci piaceva il suo modo di intendere la vita (e l’abbiamo scritto in uno dei primissimi articoli su ZeroNegativo), ospitiamo una recensione di questo volume, che si intitola Un’idea di destino (Longanesi), scritta da Luciano Minerva per Doppiozero.

«7 ottobre 1996, Francoforte. Fiera del Libro. Mai più.

10 ottobre 1996, Amburgo. Spiegel addio.

16-19 ottobre 1996 Cernobbio. Aspen. Basta con questo mondo. […] Viviamo in strani tempi dove la letteratura è pubbliche relazioni, dove quel che si produce non conta, basta che venda, dove le relazioni sono virtuali, dove la conoscenza viene uccisa dall’informazione, dove le menzogne sono vendute come verità, dove la dittatura della mente domina la democrazia, dove i cittadini e le menzogne sono al centro dell’universo. La moralità è persa, tutti i criteri sono economici, l’economia mette fuori gioco l’etica e l’estetica. Dove può condurre questo credere solo nell’economia?»

In quei dieci giorni del 1996, a 57 anni, Tiziano Terzani traccia uno spartiacque determinante nella sua vita e nella sua scrittura. È tutto in mezza pagina dei suoi diari appena pubblicati da Longanesi con il titolo Un’idea di destino. Diari di una vita straordinaria. Il libro, che esce a dieci anni dalla sua scomparsa, raccoglie una piccola parte delle 3.500 pagine che Terzani aveva riordinato sul computer e in decine di scatole nella casa di Orsigna. Alen Loreti, con l’aiuto e la supervisione della famiglia Terzani, in particolare della moglie Angela, ne ha selezionato con sapienza le parti destinate alla pubblicazione. I diari partono da poche note del 1981, sulla disillusione di quella Cina che per anni aveva sognato, e arrivano alla metà del 2003, quando l’autore si dedica esclusivamente al suo ultimo libro, Un altro giro di giostra.

Il Tiziano che emerge dai diari coincide solo in parte con quello fin qui conosciuto dai suoi lettori. È la stessa persona nella ricchezza del pensiero e della lingua, nella profondità e nell’ironia dello sguardo sulla realtà, nell’osservazione dei dettagli. Ma qui si affaccia un uomo travagliato, tormentato, che dà voce ai dubbi, alle domande senza risposta, alle oscillazioni che l’attraversano per anni. Lo anticipa, in una intensa prefazione, Angela Terzani Staude: «Mi pare bello oggi poter ascoltare quest’altra sua voce, quella adirata, dubbiosa, sofferente, che faceva da contrappunto alla voce forte e convinta con cui si presentava al mondo. È come scoprire le radici affondate nella terra buia di un albero che svetta nel cielo».

L’impressione che si ha nella lettura è di una tensione costante e irrisolta per decenni tra due domande essenziali ed eterne: «chi sono io?» e «come stare nel mondo?». Domande che in lui sono insieme questioni personali e universali, a partire dagli eventi quotidiani. Le prime sono pagine di lucida disillusione scritte nella sua amata Cina, la terra che, come tanti giovani, idealizzava dal 1968 e dove era approdato dopo la morte di Mao, primo corrispondente europeo, per il quotidiano tedesco Der Spiegel. Si parte con una delle sue osservazioni capaci di illuminare in poche righe un intero mondo: «Marzo 1981, Pechino. Di notte un’unità dell’Esercito di liberazione taglia tutti gli alberi classici della Cina (i salici piangenti) attorno alla sede del governo, all’interno della vecchia città imperiale, e li porta via. Al mattino sembra che niente sia successo. Ognuno è stato sostituito da alberi di Natale di tipo americano che in nulla appartengono alla tradizione cinese».

Resterà in Cina quattro anni, a osservarne e descriverne la realtà e a denunciarne le storture senza mezzi termini («Ci avviamo sempre più verso una forma di fascismo senza ideologia, se non quella della disciplina, dell’ordine, della forza, della delazione, del sospetto»), fino all’arresto e all’espulsione come “indesiderato”: non gli andò peggio, lo svelano ora i diari, solo grazie alla mediazione del Presidente della Repubblica Pertini. […]

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