La morte di Giulio Regeni, giovane ricercatore friulano che si trovava in Egitto per seguirne l’attualità rispetto ai movimenti sindacali, getta un’ombra di inquietudine sulle politiche di sicurezza nel Paese. La sua vicenda ha colpito particolarmente l’opinione pubblica per vari motivi. Di certo per la sua giovane età e per la passione con cui, come dimostrano i suoi scritti, portava avanti la propria ricerca. Non solo, probabilmente la sua storia è ancora più drammatica proprio perché accaduta in un Paese il cui nome, fino a pochi anni fa, evocava echi di una storia e una cultura tra le più antiche nel bacino del Mediterraneo. Col passare dei decenni, quell’immagine è andata sbiadendo, un attentato dopo l’altro, e poi di fronte alla repressione delle manifestazioni di piazza che hanno caratterizzato la cosiddetta “primavera araba”. Sembra passata un’eternità, e invece era solo il 2011 (ne avevamo parlato qui). Il Museo egizio di Torino, uno degli istituti più importanti al mondo per la cultura di quell’area, ha pubblicato una nota sulla sua pagina Facebook in cui si dice che una delle sale della struttura sarà dedicata a Regeni: «La memoria di Giulio dovrà essere mantenuta viva attraverso lo studio, la tolleranza e la convinzione che solo attraverso la reciproca comprensione tra fedi, culture e ideali diversi si possa produrre un mondo migliore».
Ciò che resta, dopo aver letto le tante parole spese per descrivere questa triste vicenda, è una grande voglia di giustizia, per capire se davvero, come si sospetta, ci sia stata una responsabilità da parte delle autorità egiziane, e se queste stiano ora cercando di coprire l’accaduto. È necessario che sia avviata un’inchiesta da parte di ispettori indipendenti per fare luce su quanto è accaduto dalla scomparsa di Giulio, il 25 gennaio 2015 (quinto anniversario degli scontri di piazza contro l’autoritarismo dell’ex presidente Hosni Mubarak), al ritrovamento del suo corpo, nove giorni dopo. Vari esponenti del mondo accademico italiano e internazionale hanno sottoscritto una lettera in cui esprimono il proprio dolore per la scomparsa del ragazzo, che rappresentava un elemento di ricchezza per tutto il panorama della ricerca. Vi si esprime grande preoccupazione per la sicurezza di chi si trova esposto agli stessi rischi, di cui i non addetti ai lavori non sono consapevoli. «Siamo sconvolti – si legge nella lettera – dal fatto che il pubblico ministero egiziano dichiari che ci sono stati ampi segni di tortura sul suo corpo. Coloro che erano a conoscenza della scomparsa di Giulio prima della scoperta del suo corpo erano assai preoccupati per la sua sicurezza, dal momento che è scomparso nel bel mezzo di una campagna di sicurezza che ha portato ad arresti arbitrari di massa, un drammatico aumento di casi di tortura all’interno di stazioni di polizia, e altri casi di sparizioni, secondo la documentazione delle organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani. Mentre accogliamo con favore la dichiarazione dell’ambasciatore egiziano in Italia, Amr Helmy, secondo la quale le autorità egiziane indagheranno pienamente sulla morte di Giulio, notiamo che, secondo Amnesty International, reparti legati al Ministero egiziano degli Interni e al Ministero della Difesa egiziano sono usi a praticare la stesso tipo di tortura subita da Giulio contro centinaia di cittadini egiziani di ogni anno. Invitiamo pertanto le autorità egiziane a cooperare con un’indagine indipendente e imparziale in tutti i casi di sparizioni forzate, i casi di torture e morti in detenzione nei mesi di gennaio e febbraio 2016 e a collaborare a eventuali indagini in corso da parte dei magistrati penali sulla morte di Giulio, in modo che i responsabili di questi crimini possano essere identificati e assicurati alla giustizia”».
Sottoscriviamo idealmente questo testo, assieme agli oltre 4.600 professori che l’hanno già fatto. Nessuna giustizia riporterà in vita il giovane 28enne, ma la sua morte non deve restare senza colpevole. Se è stata una “campagna di sicurezza” a portarlo via, allora è il caso che qualcuno ci aiuti a ridefinire questo concetto dalla base.
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