
Il Nobel per la Pace assegnato all’Unione Europea, se avesse una forma, somiglierebbe a un punto interrogativo. C’è chi ha parlato di premio alla carriera, più che al merito, e in effetti sembra un riconoscimento rivolto più al passato che al presente, o al futuro. Tra le motivazioni del comitato norvegese, infatti, vi sono gli oltre sei decenni di contributo all’avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa. Il ruolo stabilizzatore giocato dall’Unione ha aiutato a trasformare la maggior parte dell’Europa da un continente di guerra a uno continente di pace. Secondo la Süddeutsche Zeitung, quotidiano di Monaco, la decisione è una sorpresa: «Questo ammasso di stati più o meno in bancarotta e in conflitto tra loro, il cui progetto più ambizioso, l’unione monetaria, sta per crollare? È una scelta sorprendente da parte del comitato norvegese, che deve tenere conto del fatto che le sue decisioni devono essere valutate sul lungo periodo». E ancora: «L’Ue non ha un ruolo importante nella ricerca della pace nel mondo, e le cose resteranno così ancora a lungo. Non c’era bisogno di aspettare le amare esperienze della crisi dell’euro per capire che gli europei non giocano di squadra nei momenti decisivi e che sono più attaccati alla camicia nazionale che alla gonna europea».
Oltre alla questione monetaria, lo stesso aspetto del perseguimento della pace è messo in forte dubbio dalla gestione dei conflitti recenti, le cui ferite non si sono ancora rimarginate (come nei Balcani), ma anche da quelli aperti, come il massacro che sta avvenendo in Siria -a due passi da un possibile futuro stato membro, la Turchia-, sotto lo sguardo impotente dell’Europa e della sua politica di “soft power”. Ma ci sono anche conflitti non dichiarati, come quello in corso in Grecia: «Non riesco a capire quale ragione ci possa essere dietro [a questo premio] -ha dichiarato Panos Skourletis, leader del partito di opposizione Syriza-. In molte parti d’Europa, ma soprattutto in Grecia, stiamo vivendo una vera situazione di guerra quotidiana, sebbene questa non sia stata formalmente dichiarata». La stessa Italia, pur in una situazione civile e sociale meno turbolenta, sta subendo un periodo di pesante austerità politica, soprattutto in materia fiscale, per seguire le direttive dell’Unione.
E poi c’è la questione per cui da alcuni quella europea è stata definita una fortezza, ossia il problema dell’immigrazione. Le restrizioni alla libertà d’ingresso di cittadini richiedenti asilo politico perché provenienti da Paesi in conflitto o con carestie in corso sono questioni recenti. Ne abbiamo parlato di recente in merito alla Svizzera, ma le cose non vanno diversamente in Italia, come dimostrano molte inchieste (tra cui questo cortometraggio di Gabriele Del Grande e Stefano Liberti). Alcuni sostengono peraltro che il premio possa rappresentare una spinta alla creazione di un esercito sovranazionale espressione dell’Unione. Inorridiamo all’idea, e ci auguriamo invece che sia al contrario uno stimolo per le istituzioni nazionali e comunitarie a incrementare gli impegni per dimostrare al mondo che dalla Norvegia hanno visto bene, e che l’Europa può essere davvero sinonimo di pace e stabilità.