Sulla violenza di genere è da tempo in corso un dibattito, con vari soggetti che portano il proprio contributo sulla definizione del fenomeno. Ci sono le statistiche, che ne descrivono le dimensioni (almeno nella loro parte misurabile, visto che molti reati non sono denunciati), c’è la politica, che prova a dare la propria ricetta per arginare le aggressioni e dare fondi a chi si occupa di assistenza alle vittime, e poi ci sono le associazioni, che danno un aiuto concreto nell’intervento psicologico psicologica e nella sensibilizzazione. In quest’ultima categoria, da alcuni anni, sono nate una riflessione e una mobilitazione portate avanti dagli uomini, che non è una cosa per niente scontata. Il fenomeno della violenza sulle donne è talmente complesso che sono tanti gli approcci e gli aspetti su cui si può cercare di intervenire. È un fatto però che la maggior parte degli sforzi si concentrano tradizionalmente proprio sulle vittime di questa violenza, ossia le donne. Attività di sensibilizzazione e di assistenza psicologica le aiutano a trovare la forza di denunciare, visto che spesso gli aggressori sono persone conosciute, talvolta persone con cui convivono e con cui hanno un legame sentimentale. A occuparsi di questo tipo di interventi, spesso, sono proprio le donne, probabilmente per una questione di maggiore empatia tra assistente e assistita.

Ma c’è una parte crescente del mondo maschile che ha deciso di impegnarsi per dire no alla violenza di genere. Ci sono varie associazioni, tra cui Noino.org e Maschile plurale, che da tempo si impegnano per dare un contributo in varie direzioni. C’è chi, per esempio, mette al servizio delle donne le proprie nozioni di difesa personale, organizzando corsi specifici, come Fabio Ruggeri, di Noino.org, che racconta così la sua esperienza: «Mi rendo conto che tra le nostre allieve spesso ci sono persone che hanno subito o stanno subendo degli abusi. Magari i maschi hanno paura di perdere qualcosa, ma abbiamo tutto da guadagnare: perché ci confrontiamo con un altro punto di vista. Perché dire “tanto io le donne non le tocco neanche con un fiore” è solo un modo per non affrontare il problema. E perché pensare di dover essere sempre i duri della situazione non è facile».

L’associazione Maschile plurale ha diffuso lo scorso giugno un appello rivolto proprio agli uomini, affinché prendano coscienza di quanto anche da parte loro si può fare tanto per contribuire a migliorare la situazione. L’associazione si è impegnata a organizzare manifestazioni e incontri sul tema a partire dal 15 ottobre, per prepararsi alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Le iniziative sono state numerose in tutta Italia (qui un elenco), e continueranno nei prossimi giorni: il 28 ottobre a Palermo, il 2 novembre a Pisa e Monza.

Un aspetto molto delicato della questione, su cui si fa molta più fatica a intervenire, è l’aiuto psicologico agli uomini che aggrediscono. Messi da parte gli aspetti penali dei reati, resta il problema di dare assistenza a persone che hanno evidente difficoltà a gestire la propria emotività e aggressività. Spesso entrano in gioco meccanismi che portano a spostare al di fuori di sé il problema, a percepirsi come attori episodici di violenza e non come persone violente. In un articolo di Christian Raimo per Internazionale, si parla del contenuto del libro “Ho paura di me”, della psichiatra Marina Valchiarenghi, in cui «si mostra come i molestatori, i maschi violenti non suscitano l’interesse di nessuno, né dei politici, né dei medici, né dei formatori, né dei criminologi: è come se fossero dei paria della società. Perché, ci si chiede, uno dovrebbe confessare pulsioni pedofile o un istinto violento, ed essere condannato per sempre? E infatti non accade, e quest’uomo, invece di tentare di capire come trasformare il suo istinto violento in altro, ci si abbandonerà come se non fosse artefice delle sue azioni: dall’immaginare violenze sulle donne o anche sui bambini, passerà a compierle».

Facciamo dunque nostro l’appello a impegnarsi, ognuno nel proprio piccolo, a tenere alta l’attenzione verso il problema, magari aderendo a una delle associazioni che si occupano di fare sensibilizzazione sulla violenza di genere. «Dire che il problema ci riguarda in quanto uomini – si legge sul sito di Noino.org –, non significa affermare che siamo tutti colpevoli. Significa che possiamo scegliere. Scegliere tra negare, giustificare, minimizzare il problema. O, da uomini, fare qualcosa per cambiare la mentalità e la concezione delle relazioni tra i generi, in cui la cultura della violenza trova spazio per crescere».