Saremo anche in un periodo di crisi economica, ma non certo di idee. Soprattutto in ambito informatico. L’Italia sta sfornando negli ultimi mesi alcune interessanti idee rivolte al web, che stanno mettendo nuovamente in luce la creatività e l’inventiva di cui è capace il nostro Paese, che ha una lunga tradizione in questo senso. A far parlare di sé in questi giorni due progetti: Volunia e Uptu. Il primo, che è un motore di ricerca (meglio: metalivello), ha visto un primo lancio alcuni mesi fa, per poi sparire, e tornare a vivere in questi giorni. Tortuosa e incerta la strada che sta portando Volunia a presentarsi al pubblico, come testimonia l’articolo-lettera pubblicato oggi su CheFuturo da colui che è ormai l’ex direttore tecnico Marrimo Marchiori. Vedremo quali saranno gli sviluppi.

L’altro progetto, Uptu, è invece un sito, collegato a una “app” (applicazione per telefoni smart). Si tratta di un social network, sullo stile di Facebbok e Twitter, ma con una vocazione decisamente più “sociale” e rivolta alla collaborazione tra cittadini. Facebook è infatti più orientato alla chiacchiera superficiale e alla condivisione di informazioni sulla vita privata di ognuno, mentre Twitter punta di più sull’attualità e l’informazione, stimolando una collaborazione e solidarietà che però difficilmente esce dalla rete per organizzarsi in qualcosa di concreto e duraturo a salvaguardia della propria realtà territoriale. Che è poi il proposito di Uptu: raccogliere informazioni sul territorio e condividerle con chi ne fa parte. Non semplicemente segnalare cose che non vanno, bensì creare dinamiche virtuose anche mettendo in comune le proprie esperienze positive relative alla città.

«L’idea è quella di proporre una soluzione che coniuga nuove tecnologie e processi di collaborazione tra cittadini, pubblica amministrazione e altri soggetti del territorio», ha dichiarato Alvise Rossano, ideatore di Uptu, durante la presentazione alle Officine Grandi Riparazioni (Torino) nell’ambito del Digital Experience Festival. Uptu significa It’s Up to You, ovvero “Adesso tocca a te!”. Sei le aree tematiche proposte: ambiente, animali, persona e società, mobilità, consumatore, beni pubblici e privati.

Ed ecco una lista di ciò che si può fare con l’applicazione: «Segnalare  problemi e disagi di un territorio con supporto di geolocalizzazione e condivisione foto e video; inserire mappe e orari che si possono costruire e aggiornare in crowdsourcing; condividere progetti per trovare partner, collaboratori e supporter; segnalare eventi; inserire associazioni, enti, gruppi, bandi che possono aiutare i cittadini; inserire sondaggi; edutainment, per giochi con finalità educative; gestire emergenze, grazie anche alle notifiche push-up; creare gruppi di interesse; conoscere e approfondire informazioni grazie anche alla presenza di opinion leaders, definiti proprio da loro grado e dalla qualità della loro partecipazione su Uptu».

Ovviamente, come ogni progetto di crowdsourcing (ossia in cui sono gli utenti a “popolare” la banca dati con le proprie segnalazioni), anche questo ha bisogno di grande partecipazione per trovare piena realizzazione. Tramite contatti con realtà locali, si sta cercando di trovare collaborazione e voci autorevoli che generino interessi negli utenti: «Abbiamo visitato 19 regioni, preso contatti con più di 400 organizzazioni e ne abbiamo visitate 300 –spiega Alvise Rossano a La Stampa–. Molti amministratori locali hanno già aderito alla nostra iniziativa, così come molte associazioni e media locali ne hanno compreso la portata rivoluzionaria e i possibili benefici». Mentre riflettete sulla vera questione che resta in sospeso leggendo di questo progetto -e cioè, ma come si pronuncia Uptu?-, non resta che iscriversi e iniziare a segnalare.