di Federico Caruso
Errare per gli spazi aerei è umano, perseverare con le low-cost è diabolico. Le cose sono andate così. Lo scorso inverno prendo un aereo da Malpensa, diretto in Spagna, armato di bagaglio da stiva entro i 15 chili e un bagaglio a mano fuori misura, una chitarra. Errore mio non segnalarlo durante la prenotazione sul sito di Vueling, quindi normale aspettarsi l’inevitabile sanzione, ossia una ragionevole tariffa extra per caricare lo strumento come bagaglio fragile. Attimi da brivido in realtà, con la capo hostess che vuole lasciarmi a terra, il comandante che si offre di custodire la mia chitarra in cabina di comando. Poi l’accordo si trova, e il viaggio, letteralmente, prende il volo. Passano alcuni mesi, e mi trovo a ripetere la tratta, sempre con lo stesso equipaggiamento, ma stavolta non mi faccio trovare impreparato. Voglio tenere la mia chitarra in cabina, quindi leggo attentamente il regolamento di entrambe le compagnie (Easyjet all’andata, Vueling al ritorno). L’unico modo per ottenere ciò che voglio è riservare due posti, proprio come se a partire fossimo in due. E sia, pagherò il doppio e in cambio avrò la mia chitarra sistemata nel posto a fianco al mio, sfoglierò con lei le istruzioni di sicurezza in caso di incidente, le aggiusterò l’oblò se le arriva troppo sole. Seguo le procedure su entrambi i siti, inserisco i dati, pago. Tutto a posto, per ora. E in effetti all’andata non ci sono problemi. L’operatore al check-in mi fa una nuova carta d’imbarco (confermandomi che la procedura che ho seguito è corretta), inserendo come dati “Federico Caruso + cello”. La chitarra non è prevista tra gli strumenti da cabina, bisogna farla diventare un violoncello per darle dignità. Poco male, non sono qui per questioni di principio. Saliamo, io e il mio strumento, e si va.
Ma prima o poi, ahimè, si torna, e quando ad aspettarti c’è la Vueling, preparati a essere ricevuto dalla compagnia più agguerrita contro il trasporto aereo di strumenti musicali (e forse di musicisti). In sostanza, secondo i tre operatori con cui mi sono trovato ad avere a che fare, la mia prenotazione non era corretta, perché figurava il nome di una persona (il mio), in due posti diversi. Quindi, il personale di volo si sarebbe ritrovato con dei dati che non combaciavano: tot persone al check in, tot meno una sull’aereo. Avrei dovuto invece, all’atto dell’acquisto, segnalare di voler riservare due posti a Federico Caruso, e non acquistare due posti a nome di Federico Caruso. Già, anch’io, come voi, mi sto chiedendo quale sia la sottile (ma ci deve essere, facciamo uno sforzo) differenza tra le due cose. Niente da fare, bisogna cambiare i dati della prenotazione, costo dell’operazione 60 euro. Inizio a pensare che low-cost sia da intendere come avvertimento sul fatto che ogni operazione ha un “cost”, anche quelle più semplici, più “low” nella piramide della transazione commerciale. Ovviamente stavolta, dopo la beffa natalizia, mi rifiuto di pagare. Ho seguito le istruzioni, ho pagato il giusto, non merito alcuna sanzione. E poi, d’accordo le procedure, ma anche il personale di volo capirà che se ho prenotato due posti a nome mio, uno dei due non lo occuperò. Se l’avessi acquistato per stare più comodo, per distendere le gambe da un lato, cosa avrebbero fatto, mi avrebbero costretto a lasciare a terra dal ginocchio in giù? Niente da fare, l’accanimento contro il musico in viaggio sembra incontrastabile. Il mio prode amico chiede allora all’operatrice il suo nominativo, in modo da segnalare che costei non è in grado di gestire una situazione ai nostri occhi così banale. La ragazza si schermisce, si lascia scappare un «Veronica», poi con una mano nasconde il cartellino che riporta i suoi cognomi (ricordiamo che è spagnola), con l’altra risponde al telefono. Ostenta indifferenza, sufficienza, poi capisco che dall’altra parte stanno facendo la classica offerta che non si può rifiutare, ossia quella di caricare la chitarra sulla “cinta especial”, il rullo dei bagagli fragili. Non è ciò che volevo (e per cui ho pagato), ma sempre meglio che devolvere altri 60 euro alla nostra Veronica. E non è finita, anche a Malpensa ci si mettono. Arrivato allo scalo milanese (in realtà molto più varesotto), ritiro la mia valigia, poi vedo che la chitarra non arriva. Niente di grave, l’avranno scaricata con i bagagli fuori misura. Seguo le indicazioni e mi reco dove questi vengono gestiti: la mia chitarra giaceva abbandonata fuori da un portone, da chissà quanto, alla mercé di danni e furti. Insomma, care low-cost, un po’ di rispetto per chi fa musica. Va bene che errori e cavilli burocratici sono il sale che dà sapore ai prezzi dei vostri voli, ma accanirsi non è mai un bene, soprattutto se poi i clienti iniziano a ringhiare…