Restare a casa non è la scelta più sicura se sei una donna vittima di violenza da parte del partner. La strategia dell’isolamento e del distanziamento sociale pone grossi rischi per alcune donne che, costrette a stare in casa, si ritrovano a condividere costantemente lo spazio domestico con la persona da cui subiscono violenza. Come riporta il Post, questo fenomeno si è già verificato nel Paese da cui ha avuto origine la pandemia: «In Cina questi effetti “secondari” della pandemia a seguito dei blocchi imposti si sono già verificati. Dal 6 marzo, secondo un’organizzazione non governativa cinese che lavora con le donne, il numero totale di casi di violenza domestica nella prefettura di Jingzhou, nella provincia di Hubei, è salito a oltre 300, e a febbraio il numero di casi è raddoppiato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Secondo uno degli attivisti che ha fondato l’ong, “l’epidemia ha avuto un impatto enorme sulla violenza domestica”». Oltre alla convivenza forzata, in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo subentrano altri fattori di stress, come l’incertezza economica, occupazionale e sanitaria, che incrementano lo stato di tensione.
La reazione dei centri antiviolenza
I centri antiviolenza di tutta Italia, oltre a movimenti come Non una di meno, stanno reagendo alla situazione in diversi modi. Da un lato c’è un grande sforzo per continuare a offrire aiuto alle donne che ne hanno bisogno, nonostante la permanenza forzata in casa renda più difficile accedere ai centri. Molti di essi hanno dovuto limitare gli orari e i servizi offerti, proprio per andare incontro alle misure di sicurezza imposte dal governo. Donne in rete contro la violenza (DiRe) ha pubblicato una pagina con informazioni sui servizi e le modalità offerti dai diversi centri antiviolenza in tutta Italia. L’altra direzione in cui si stanno muovendo le associazioni che si occupano di violenza contro le donne è la ricerca di attenzione da parte della politica. Il coordinamento nazionale di Se non ora quando ha pubblicato un appello al presidente del Consiglio e alla ministra delle Pari opportunità, in cui chiede «un potenziamento di risorse da destinare ai Centri antiviolenza di tutto il territorio nazionale e una campagna di informazione a 360 gradi su media e social dei numeri telefonici utili (1522 e numeri regionali dei Centri antiviolenza) a cui le donne possano accedere per chiedere aiuto. Il nostro pensiero e il nostro ringraziamento va a tutte le operatrici dei Centri Antiviolenza che anche in questo momento sono a disposizione e mettono a rischio la loro salute per rimanere vicine alle donne maltrattate». In un’altra lettera, la presidente di DiRe, Antonella Veltri, ha chiesto tra le altre cose «di attivare una sezione specifica dedicata alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere nella pagina con FAQ creata dal Dipartimento, in modo che le donne sappiano con certezza che possono sempre trovare supporto se hanno bisogno di sottrarsi alla violenza, mentre molte credono che i centri antiviolenza siano chiusi». Veltri ha denunciato inoltre «la difficoltà a fare nuove accoglienze per le donne che necessitano di protezione immediata, perché non sono stati fino ad oggi previsti meccanismi di finanziamento specifici per l’emergenza, in particolare per individuare strutture ad hoc nelle quali accogliere le donne per la necessaria quarantena prima dell’inserimento in casa rifugio qualora dovessero presentare sintomi riconducibili al COVID-19, o per gestire la separazione dei nuclei accolti in casa rifugio qualora dovessero emergere casi di contagio da coronavirus».
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