Clicca sull'immagine per ingrandire

Si parla spesso di mondo interconnesso, di autostrade dell’informazione, di globalizzazione. L’unica cosa che sembra chiara e inconfutabile in questi tempi veloci e sfuggenti è che nulla accade per caso. Magari è difficile sfrondare lo spettro degli eventi da quelli inutili e isolare i gangli connettivi che chiariscono il senso e la relazione tra gli eventi. Ma in fondo, mediamente, si è capito che queste ultime esistono, vanno solo colte.

Ci sono campi in cui è più facile raggiungere tale consapevolezza. Ci hanno bombardati in maniera talmente massiccia con alcuni messaggi, che ormai li diamo per scontati. Sentiamo parlare di comunicazione e pensiamo a internet, all’informazione che ogni giorno viene scambiata senza sosta. Un ambiente in cui il giorno e la notte non hanno più senso, dove il qui e ora si perde in una contemporaneità e una compresenza diffuse. Siamo ormai abituati all’immediatezza delle relazioni. Un tempo inviavamo una lettera a un amico oltreoceano e sapere che l’avrebbe letta (forse, se tutto andava bene) dopo un mese. Oggi possiamo concederci di essere più pigri, e rispondere anche dopo un mese, ché tanto il messaggio arriverà a destinazione (con pochissime probabilità di fallimento) pochi istanti dopo aver premuto il tasto “Invia”. Sono cose che cambiano, le si può accettare o meno, essere più o meno nostalgici del carteggio tradizionale, ma ciò non impedirà lo scorrere fluido della realtà.

Il pericolo non sta nella tecnologia, ma nell’azione (o meglio nella sua negazione) nominata poc’anzi: la pigrizia, soprattutto quella mentale (che è il seme da cui germina la conseguenza pratica di un’esistenza “molle”). Accettando il messaggio di connessione tecnologica, abbiamo perso di vista altre forme di comunicazione delle nostre esistenze. La paura della non-comunicazione è stata sostituita da quella per la “scomunica” dal villaggio globale. Guai a uscire dalla rete che ci rende tutti vicini, tutti uguali, ma nel senso forse più povero di questi termini: vicini ma isolati, uguali perché omologati. Ma comunicazione è partecipazione. Alla vita degli altri, a quella della propria comunità, se ha ancora un senso parlarne.

Ce ne accorgiamo nei momenti più drammatici, quando un terremoto ci porta a ordinare delle forme di Parmigiano Reggiano. Una cosa che detta così, apparentemente non ha senso. Ma per noi ce l’ha, perché cogliamo le connessioni, e sappiamo che le nostre vite sono “comunicanti”. Che non vuol dire solo che c’è uno scambio di informazioni, bensì, proprio come il principio fisico dei vasi comunicanti, che uno spostamento di equilibrio in un vaso determina un cambiamento in tutti gli altri vasi. Se la pensiamo come una metafora delle nostre vite, il senso è che dando contenuti e qualità alle nostre rispettive esistenze, al contempo, senza accorgercene, stiamo crescendo insieme agli altri. Allo stesso modo, se qualcosa o qualcuno gioca contro di noi per danneggiarci, sta giocando contro il sistema nel suo complesso.

Ci è parsa questa una similitudine azzeccata per descrivere anche il sistema sangue e l’importanza della donazione. Dal punto di vista più costruttivo, donando sangue facciamo un gesto che fa crescere la società. Non solo perché diffondiamo salute e benessere, ma perché con essi portiamo nel mondo un messaggio di solidarietà, che ha bisogno di essere alimentato costantemente. Da un altro punto di vista, con questa campagna (un progetto realizzato da Sergio Caruso) vogliamo portare all’attenzione il fatto che chi rema contro il sistema sangue, chiedendo o imponendo tagli, sta facendo un danno a tutti, e non solo alle associazioni che vi operano. È un modo di procedere che fa male a tutti, perché danneggia chi del sangue ha bisogno, chi lo dona, chi ogni giorno si impegna affinché il percorso vein-to-vein si svolga in condizioni di sicurezza ed efficienza. Sono spinte contrastanti: chi lavora per costruire, chi per distruggere. E l’Avis di Legnano sa bene, da circa 77 anni, in che direzione spingere.

Privacy Preference Center