di Federico Caruso

Per molte persone il tragitto quotidiano da casa al luogo di lavoro è un lungo viaggio pieno di incertezze, che spesso non fa bene all’umore e non rappresenta proprio la premessa ideale a una giornata positiva. Secondo alcuni ricercatori, il miglior modo per avere a che fare con il pendolarismo è sfruttare il tempo del viaggio per proiettarsi in anticipo nella giornata lavorativa.

Sfruttare il tempo per prepararsi alla giornata di lavoro

Tra chi usa i mezzi pubblici, c’è chi affronta il tragitto casa-lavoro leggendo, ascoltando musica, interagendo sui social, parlando con compagni di viaggio, guardando fuori dal finestrino, o un mix di tutte queste cose. Secondo una ricerca pubblicata dalla Harvard Busines School, la cosa migliore da fare è sfruttare quel tempo per entrare mentalmente nell’ottica lavorativa. Passare infatti dalla dimensione domestico-familiare a quella professionale non è un processo rapido e indolore. Molte persone tendono a intrattenersi in attività di svago fino a un momento prima di entrare in ufficio, per poi passare bruscamente al ruolo lavorativo. A quanto pare, non è la strategia migliore. Se la transizione non avviene in maniera “morbida”, ci sono alte probabilità che questo abbia un effetto negativo sull’umore, cosa che si protrarrà per il resto della giornata.

La lunghezza del tragitto aumenta l’insoddisfazione

Il tragitto che si percorre ogni giorno per andare al lavoro ha un effetto sul maggiore o minore grado di soddisfazione verso il lavoro stesso. Un tragitto troppo lungo o troppo incerto (a causa del traffico, dei ritardi dei mezzi di trasporto, ecc.) causa maggiore insoddisfazione, e questo può avere un effetto sulla decisione della persona di cambiare lavoro prima del tempo. Questa porzione di “tempo non strutturato” (perché in parte imprevedibile) crea una confusione mentale, in cui non ci si sente completamente usciti dal proprio ruolo familiare, ma nemmeno pienamente dentro quello lavorativo. Anticipare il “mindset” professionale può aiutare a superare questa indeterminatezza, e in definitiva ridurre lo stresso legato al pendolarismo.

Il carattere cambia la percezione

Il problema non riguarda tutti allo stesso modo. Coloro che sono più in grado di controllare le proprie emozioni hanno anche meno livelli di stress legati al pendolarismo, mentre chi si lascia prendere più facilmente dall’emotività soffre di più. Allo stesso tempo, è proprio quest’ultima categoria a beneficiare maggiormente di una migliore strategia di gestione del pendolarismo. Il principio alla base è probabilmente dato dal fatto che concentrarsi sulle ore che seguiranno aiuta a togliere attenzione dalla situazione poco piacevole del viaggio quotidiano. Secondo questa ricerca, poi, il principio potrebbe funzionare anche all’inverso, ossia a fine giornata. Se molti hanno il problema dei pensieri “parassiti” legati alla giornata lavorativa che li seguono nel tragitto lavoro-casa, proiettarsi già nella dimensione della famiglia o del tempo libero durante il ritorno può essere d’aiuto per vivere meglio anche quella transizione.

La durata ideale del viaggio

Secondo un’altra ricerca citata in un articolo pubblicato sul sito della Harvard Business School, c’è una durata “ideale” del tragitto casa-lavoro, ed è di 16 minuti. Guardando i dati Istat disponibili (aggiornati al 2017), si vede che in Italia questa condizione si verifica nel 45,9 per cento dei casi (spostamenti fino a 15 minuti). Nel 16,4 per cento dei casi il tragitto dura più di 30 minuti, e per il 14 per cento ha una durata variabile. Si dividono circa a metà le persone che si muovono quotidianamente (per lavoro o per studio) all’interno della stessa città (54,4 per cento) e al di fuori (44,3 per cento).

(Foto di Viktor Forgacs su Unsplash)