Foto di Jonathan Ruchti

Sobrietà e passione, correttezza e agonismo, lunghi silenzi e perle di saggezza. Tutto questo è Zdenek Zeman, l’allenatore boemo che ha fatto sognare mezza Italia, sconvolgendo, ovunque abbia predicato, le certezze di squadre e società. Un calcio che rinnega i tatticismi esasperati, o un’estetica di gioco sacrificata all’altare del risultato, basato invece su una trazione offensiva che ha portato le sue squadre a dominare le classifiche di marcature, pur provocando incubi ai propri difensori, che si ritrovano spesso a fine campionato tra i più “perforati” dai colleghi attaccanti avversari (anche oggi, il suo Pescara, terzo in classifica, ha il miglior attacco del campionato di Serie B, ma solo quattro squadre hanno subito più gol). Con queste premesse, Zeman non ha potuto essere una stella del calcio mondiale. Ha sempre pagato la sua coerenza, che talvolta è stata percepita come ostinazione, il suo non accettare compromessi, la sua franchezza nel denunciare cosa nel calcio non andava e non va, il suo tenersi lontano dall’idea attuale per cui, come ha detto nell’intervista di domenica a “Che tempo che fa”, «il calcio è sempre più un business e sempre meno un gioco». Pur essendo stato capace di portare nei primi anni Novanta il Foggia dalla serie B a un passo dalla coppa Uefa, sono state più le emozioni che ha regalato ai tifosi delle sue squadre rispetto ai trofei che ha potuto mettere in bacheca.

Insomma, si sarà capito ormai, Zdenek Zeman ci piace. E, uscendo dall’ambito sportivo, saremmo felici di vedere qualche tratto del suo carattere nel mondo della politica. No, non siamo impazziti. Immaginate un mondo in cui chi dice una cosa, la fa. E non perché glielo chiede qualcuno, ma perché ci crede. Immaginate un mondo in cui qualcuno, se nel corso del suo incarico non può operare come gli avevano promesso, si dimette invece di scendere a compromessi (lo so, è dura). Immaginate un mondo in cui chi non ottiene i risultati promessi (qui è davvero difficile, vi chiediamo uno sforzo), ringrazia per la fiducia e toglie il disturbo. Immaginate (è l’ultima, giuriamo) un mondo in cui qualcuno che rispetta le regole denuncia chi non lo fa, a costo di essere messo in un angolo da chi ha più potere. Se avete seguito il ragionamento fin qui, forse vi sembrerà meno strampalata questa apologia dello zemanismo. Certo, gli si potranno criticare tante cose, su tutte l’accanito tabagismo, non certo educativo, oppure il fatto che dopo oltre quarant’anni in Italia non abbia ancora imparato a usare correttamente gli articoli determinativi (per pigrizia, ne siamo certi). Ma qualcosa di buono lo potremmo prendere dalla sua personalità, e da quella smorfia che non si abbandona mai a un sorriso, pur non connotando mai una persona seriosa, che anzi risulta simpatica senza alcuno sforzo. Gli tributiamo, oltre a questo articolo, il video dell’intervista con Fabio Fazio, e chiudiamo, come lui stesso suggerisce, con un semplice “arrivederci”.
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